Disabilità e linguaggio: quali parole usare oggi?

I termini utilizzati per riferirsi alla disabilità sono cambiati nel tempo, riflesso di profonde trasformazioni culturali e sociali. Questo percorso di cambiamento ha trovato un'importante conferma con il recente Decreto Legislativo n. 62/2024, che ha sancito l’adozione di un linguaggio rispettoso della dignità e dei diritti delle persone con disabilità.
Fino a pochi decenni fa, espressioni come "minorato" o "cerebroleso" erano comunemente impiegate, sia nel linguaggio comune sia in quello normativo, per descrivere le persone con disabilità. Sebbene derivassero da un contesto medico-scientifico, con il tempo sono state ritenute inadeguate, poiché percepite sempre più frequentemente come offensive e portatrici di stereotipi stigmatizzanti.
Anche termini introdotti successivamente come "portatore di handicap" o "persona handicappata" hanno incontrato un destino simile. Diffusamente utilizzati fino agli anni Novanta del secolo scorso, questi termini trovavano spazio anche all’interno di testi normativi. Emblematica a questo proposito la Legge quadro 104 del 1992, che regolamenta “l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.” Il loro uso, tuttavia, ha progressivamente perso legittimità, poiché associato a una visione della disabilità come condizione intrinsecamente limitante o inferiore.
Un cambiamento radicale è arrivato con la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, approvata nel 2006, che ha ridefinito il concetto stesso di disabilità. La Convenzione supera l'idea tradizionale di disabilità come caratteristica individuale legata a una patologia o a una menomazione, proponendo invece una visione dinamica: la disabilità è il risultato dell’interazione tra le persone e le barriere, fisiche, culturali o sociali, che ostacolano la loro piena partecipazione alla vita collettiva.
La nuova prospettiva ha avuto un impatto profondo anche sul linguaggio. La Convenzione incoraggia l’uso dell’espressione “persona con disabilità”, che mette al centro l’individuo e non la sua condizione. Tale scelta linguistica diventa simbolo di un rispetto più autentico, che riconosce il valore intrinseco di ogni individuo.
In Italia, questo approccio è stato recepito dal Decreto Legislativo 62/2024, che adotta formalmente il termine “persona con disabilità” nel linguaggio giuridico. Il decreto non si limita a modificare le parole: promuove un cambiamento culturale, incoraggiando una visione della disabilità non come limite, ma come condizione superabile attraverso politiche inclusive e l’abbattimento delle barriere.
Questo provvedimento rappresenta un passo importante verso una società più attenta e inclusiva. Riconosce che le parole possono influenzare il nostro modo di pensare e, di conseguenza, il modo in cui interagiamo con gli altri. Parlare della disabilità usando termini che valorizzano la dignità individuale è fondamentale per costruire una società più equa, inclusiva e consapevole.

Tags
Citation
This content is licensed under a Creative Commons Attribution 4.0 International license except for third-party materials or where otherwise noted.