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Turismo e aree protette: un’indagine sulla consapevolezza delle interazioni con l’ambiente

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Turismo e aree protette: un’indagine sulla consapevolezza delle interazioni con l’ambiente
Credit: Urosh Grabner | All rights reserved

La quotidianità cui siamo principalmente abituati e che occupa la maggioranza del nostro tempo ci vede soprattutto collegati ed inseriti in contesti urbani e antropizzati. Viviamo in spazi artificiali che ci distanziano dallo spazio naturale esterno, in una dimensione pervasa ininterrottamente da stimoli, interazioni e messaggi.

Tutto ciò che ci circonda ci interroga, ci induce ad avere la percezione di quello che accade, di quello che siamo noi e gli altri in un determinato spazio. Ma quante cose succedono intorno a noi mentre siamo concentrati su altro. Quanti eventi, grandi, piccoli, infinitesimi, accadono in ciò che ci circonda senza che ne siamo consapevoli? Certo, abbiamo capacità di percezione e focalizzazione che lavorano forzatamente per selezione di alcuni stimoli e per esclusione di altri. È un meccanismo interessante che ci porta a riflettere su quanto siano molteplici e infiniti i piani degli eventi sui quali possiamo allenarci a spostare l’attenzione, e stimolare la nostra coscienza.

Cosa succede quando invece ci troviamo in un ambiente naturale? La quiete, la presenza di soli elementi naturali, le poche, apparentemente, altre presenze, ci inducono a pensare di trovarci in uno spazio rarefatto, dove nulla o poco accade. Solo apparentemente. A terra gigantesche popolazioni di formiche rosse sono indaffarate nel procacciare cibo e materiali di scorta per il formicaio, sotto una distesa di felci riposano nascoste dalla coltre di foglie due pernici, più in là nel fitto del bosco, un gruppo di caprioli ci osserva e fugge prima di riuscire a incrociarne lo sguardo.

altCredit: Urosh_Grabner | Urosh_Grabner | All rights reserved

Partiamo da questa riflessione sulla consapevolezza del nostro essere e di quanto ci circonda per porre l’attenzione su un altro aspetto: quanto siamo consapevoli degli impatti che si generano dalla nostra interazione con l’ambiente.

Nel contesto del progetto Interreg Central Europe Humanita, durante l’estate 2023, è stato condotto un sondaggio su un campione di più di 600 turisti in 5 aree protette, siti pilota del progetto, per indagare la consapevolezza, le attitudini e i comportamenti con cui i visitatori si relazionano con gli ambienti naturali protetti. I questionari sono stati distribuiti all’interno dei seguenti siti: Parco Nazionale Appennino Tosco-Emiliano (IT), Malá Fatra National Park (SK), Bükk National Park (HU), Karawanken-Karavanke UNESCO Global Geopark (AT-SLO) e Kamenjak Protected Areas (HR).

Quanto è emerso tratteggia un quadro decisamente interessante sul divario rilevato a livello di tutte le aree di analisi, tra la conoscenza dei turisti degli elementi di sensibilità e criticità degli ambienti dal punto di vista della loro conservazione, e la coscienza degli impatti risultanti dalla propria interazione con il contesto naturale. Si tratta di un disallineamento di visione e percezione che mette in luce la difficoltà di riconoscerci parte attiva nella relazione con l’ambiente e co-autori degli effetti di tale interazione. Semplificando, risulta più facile riconoscere le problematiche che minacciano gli ambienti naturali come esterne a noi stessi, e non dipendenti dal nostro agire individuale quando ne entriamo in contatto.

altCredit: Urosh_Grabner | Urosh_Grabner | All rights reserved

Ma questo cosa significa a livello pratico? Venendo ai dati, più del 98% degli intervistati ha dichiarato di mettere in pratica una o più strategie personali per tutelare la conservazione degli ambienti naturali, tra cui non abbandonare e raccogliere i rifiuti, cercare di contenere il disturbo nei confronti della fauna limitando rumori e suoni, rispettare i divieti di accesso previsti per esempio durante la stagione riproduttiva di determinate specie. Certamente tutte buone pratiche che evidenziano una positiva e dovuta attenzione, se non che non trovano adeguato riflesso nella consapevolezza puntuale delle responsabilità personali, e nel nostro caso, degli intervistati. Un processo di derealizzazione che riguarda più della metà dei visitatori, il 55%, i quali sostengono di non riconoscere nella propria presenza nell’area protetta un fattore di impatto con l’ambiente.

Si aggiunge poi un’ulteriore interessante piano di lettura che intreccia le sfide e le minacce che incombono sul futuro delle aree protette, opportunità e criticità che i turisti complessivamente mostrano di riconoscere, sebbene intravvedano con fatica il proprio ruolo come fattore influente e in parte determinante di questi stessi aspetti. Merita anche una riflessione un altro fatto a questo correlato. In più situazioni la consapevolezza che emerge sulle attuali sfide e minacce rivela una conoscenza generale piuttosto diffusa sulle tematiche come la disponibilità limitata di risorse, conflitti sociali, overtourism e rispetto dei regolamenti di protezione. Consapevolezza che tuttavia nasconde in qualche misura, anche sotto questo aspetto, l’inesatta conoscenza degli effettivi fattori che gravano sugli specifici areali, dimostrato in più di un sito pilota dal disallineamento tra la visione espressa dai visitatori e le problematiche concretamente rilevate dagli enti di gestione delle stesse aree.

È solo un’istantanea, una visione parziale, un’immagine indicativa ma pur sempre un campione limitato, potrebbe dire qualcuno. Non c’è dubbio. Ma al contempo non possiamo non ammettere di avere nelle nostre mani un quadro rappresentativo di chi siamo, e come ci comportiamo rispetto agli ambienti naturali. Un quadro che ci suggerisce essere necessaria una maggiore presa di posizione e responsabilità, a partire dal grado di conoscenza e interiorizzazione dell’essere parte del sistema naturale, delle sue variazioni e condizioni, in un tutt’uno con esso, in cui tutto dipende da tutto il resto, e ogni parte è, anche, risultato delle altre. Forse anche questo esercizio di visualizzazione può essere un modo per allenare la nostra capacità di essere meglio ricettivi degli stimoli in cui siamo avvolti, anche quando su una distesa di rocce e licheni, ci sembrerà essere i soli lì intorno, e di non lasciare altro che orme invisibili.

Menzardi Paola

Menzardi Paola

Paola Menzardi è una ricercatrice post-doc che lavora nel gruppo di ricerca di Human-Environmental Interactions dell'Istituto per lo Sviluppo Regionale di Eurac Research. La sua ricerca si concentra sulle pratiche di valorizzazione delle aree rurali e montane attraverso il coinvolgimento degli abitanti, sulla narrazione del patrimonio culturale e immateriale, sulle pratiche di valorizzazione turistica legate al patrimonio naturale dei territori. Lavora a progetti europei nei settori della governance transfrontaliera nelle Alpi e nei Carpazi e della gestione degli impatti del turismo nelle aree protette.

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