Sostenere il volontariato per società più coese e integrate
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Sostenere il volontariato per società più coese e integrate
Eurac Research ha curato la parte sull’Alto Adige di uno studio che racconta il volontariato giovanile in sette regioni europee. Dalle esperienze dei volontari – ragazzi europei e con background migratorio – è nata una mostra visitabile online
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Secondo le stime, in tutto il mondo sono un miliardo le persone che svolgono volontariato. La disponibilità a svolgere attività non retribuite viene considerata un termometro del benessere civico di una società. Fare volontariato aiuta a sentirsi parte di una comunità? Il volontariato potrebbe favorire l’integrazione e avvicinare giovani europei e ragazzi provenienti da altri paesi? Se lo è chiesto un team di ricercatori all’interno del progetto europeo VOLPOWER. Per raccogliere informazioni gli esperti hanno redatto questionari e organizzato un’attività di volontariato ad hoc per i partecipanti al progetto.
In sette aree europee (Austria, Croazia, Scozia, Paesi Bassi, Slovenia, Malta e Alto Adige) i ricercatori hanno raccolto 3.500 questionari tra ragazzi dai 18 ai 27 anni di età, includendo sia giovani di origine europea che provenienti da paesi terzi. In Alto Adige, grazie anche alla collaborazione di diverse associazioni di volontariato locale, 547 giovani hanno risposto al questionario online. Non si tratta di un campione rappresentativo, ma le risposte aiutano a comporre il quadro del volontariato locale. “Nonostante la giovane età, molti dei rispondenti hanno accumulato già diversi anni di esperienza di volontariato con una frequenza sorprendentemente alta. Due terzi dei ragazzi svolgono volontariato in più ambiti: quello più frequente tra i rispondenti è l’ambito sanitario, seguito dai servizi giovanili e sociali”, spiegano Heidi Flarer ed Eleonora Psenner, ricercatrici di Eurac Research.
Per quanto riguarda le motivazioni che spingono i ragazzi a offrire gratuitamente il proprio aiuto, il desiderio di migliorare le cose e dare un contributo per il proprio territorio gioca il ruolo principale. Incidono anche il piacere personale di offrire il proprio tempo e la possibilità di fare esperienze sfruttabili poi in ambito lavorativo. Per i 17 rispondenti con background migratorio il volontariato è visto soprattutto come la possibilità di acquisire competenze a fini occupazionali.
“Per la grande maggioranza dei ragazzi che hanno risposto al nostro questionario, il volontariato è un’opportunità per crearsi nuovi amici, nuovi contatti e per conoscere meglio il proprio territorio. Soprattutto per chi vive in città, il volontariato sembra aumentare la comprensione e i contatti con chi appartiene a un’altra cultura” spiega Andrea Carlà, ricercatore di Eurac Research.
La ricerca è stata completata dall’analisi di un’esperienza di volontariato creata ad hoc per 30 ragazzi nelle sette aree europee coinvolte nel progetto. I ricercatori hanno accompagnato questi volontari per un periodo di 13 mesi per approfondire gli effetti del volontariato sui processi di integrazione. In Alto Adige sette ragazzi – un gruppo misto per genere e nazionalità - hanno lavorato come volontari con associazioni socio-culturali (OEW - Organizzazione per un mondo solidale, COOLtour La Strada - Der Weg, ArteViva Cooperativa ed Associazione Trait d’Union). Confrontando le risposte date prima e dopo aver partecipato a questo esperimento sociale, emerge come il volontariato abbia cambiato positivamente il modo di percepire le differenze e abbia favorito la nascita di nuove amicizie che, secondo i ragazzi, dureranno nel tempo. È interessante notare come siano soprattutto i volontari di sesso maschile e di origine straniera ad aver mantenuto i contatti nati dal progetto anche al di fuori delle attività di volontariato.
Coerentemente con altri studi, la ricerca mostra come il volontariato sia una risorsa per facilitare i processi di inclusione dei giovani e per rafforzare la società e le persone che la compongono creando un contatto tra “vecchi” e “nuovi” membri”. Il volontariato, inoltre, contribuisce a modificare la percezione della migrazione presentando i migranti come cittadini attivi che contribuiscono allo sviluppo della società, anziché come un problema o come destinatari passivi di aiuto e sostegno.
“Nel complesso, la ricerca conferma l'importante ruolo del volontariato anche in Provincia e invita a riflettere su come questo interagisca con le tematiche migratorie. I flussi migratori non si fermeranno a breve e i paesi europei saranno sempre più diversificati. Anche in Alto Adige si stima che nel 2030 quasi un residente su cinque sarà di nazionalità straniera (calcolo su stime ASTAT). Di conseguenza, il potenziale bacino di volontari includerà sempre più persone con background migratorio. Diventa quindi importante fornire strumenti per promuovere il volontariato e aiutare le associazioni a reclutare e mantenere i giovani volontari, anche tra la popolazione migrante”, conclude Carlà. I risultati del progetto sono disponibili online in lingua inglese: http://www.eurac.edu/it/research/projects/Pages/projectdetail4491.aspx.
Sulla base degli impulsi dati dai volontari durante la loro partecipazione al progetto è nata un’esposizione artistica che può essere visitata online: http://www.volpower.eu/digital-exhibition/. La mostra è incentrata sulle narrazioni dei giovani volontari che, utilizzando le competenze artistiche acquisite durante il loro impegno con VOLPOWER col supporto dei ricercatori, esaminano in forme creative i processi quotidiani del volontariato, della comunità e aspetti della loro vita di tutti i giorni. Attraverso video, fotografie, poesie e collage, la mostra racconta l’esperienza dei giovani volontari ed esplora i temi della migrazione, dell’identità, della diversità e dell’inclusione.
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