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Studio medico di Eurac Research accompagna la spedizione femminile sul K2 promossa dal CAI per i 70 anni dalla prima ascesa italiana

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14 marzo 24

Studio medico di Eurac Research accompagna la spedizione femminile sul K2 promossa dal CAI per i 70 anni dalla prima ascesa italiana

Le alpiniste a Bolzano prima e dopo il tentativo di scalata per una riesposizione nel terraXcube


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Otto donne, quattro italiane e quattro pakistane partiranno a giugno per il Pakistan per tentare di scalare la seconda vetta più alta del mondo, nonché una tra le più difficili. Ripercorreranno i passi della spedizione italiana che nel 1954 portò la Lacedelli e Compagnoni in cima al K2. È proprio per celebrare questo anniversario che il Club Alpino Italiano ha promosso questa impresa, con la stessa meta ma con uno spirito diverso: sarà un’opportunità di formazione, ricerca e promozione di valori culturali e sociali. Il fatto che le protagoniste siano otto donne rende la spedizione un’opportunità unica per la ricerca: medici, ricercatori e ricercatrici di Eurac Research affiancheranno la spedizione per studiare la fisiologia femminile a quote estreme, un ambito su cui la comunità scientifica dispone ancora di conoscenze limitate. La spedizione e lo studio medico sono stati presentati oggi in conferenza stampa a Milano.

I primi passi della spedizione sul K2 si muoveranno a Bolzano tra pochi giorni. Dal 20 marzo le otto alpiniste saranno qui per sottoporsi alle visite e ad alcuni test preliminari in terraXcube. Gli esami a cui si sottoporranno comprendono test cognitivi ed esami della funzione circolatoria e respiratoria, sia a riposo che sotto sforzo. Queste prove verranno svolte anche a un’ipossia equivalente a quella del campo base del K2. Le visite preliminari permetteranno inoltre di fornire consulenza medica alle alpiniste sia sugli aspetti legati all’acclimatamento, sia all’allenamento. Eurac Research ha promosso questo studio con l’obiettivo di studiare le risposte fisiologiche di alpiniste allenate prima e dopo una scalata reale, e poi durante una riesposizione a un'altitudine simulata - che potrà andare fino a 8849 metri - nella camera ipobarica di terraXcube a Bolzano. Il gruppo di ricerca si concentrerà anche sul processo di perdita dell’acclimatamento (de-acclimatamento). Si tratta di un protocollo innovativo che permetterà di osservare fenomeni fisiologici mai osservati prima nelle donne. Gli aspetti che lo rendono unico sono il focus sulla fisiologia femminile, la riesposizione a quote estreme in terraXcube di sportive acclimatate dopo la scalata e la possibilità di osservare il de-acclimatamento dopo un’ascesa reale e dopo la riesposizione all'altitudine estrema.

Perché affiancare uno studio scientifico alla spedizione?

Nel secondo dopoguerra, quando l’interesse per le ascese agli ottomila cresceva in tutto il mondo, la conoscenza delle reazioni del corpo umano a quelle quote era quasi nulla. Le spedizioni erano affiancate da team medici che seguivano gli alpinisti prima e dopo le salite e annotavano le loro osservazioni. Negli anni gli studi divennero più approfonditi: la Himalayan Scientific and Mountaineering Expedition guidata da Edmund Hilary tra il 1960 e 1961, gli studi di fisiologia dell’Università di Milano nel laboratorio allestito al campo base dell’Everest nel 1973 e l'American Medical Research Expedition to Everest (AMREE) del 1981 sono alcuni dei principali studi che permisero alla ricerca di fare passi importanti. La comunità scientifica internazionale voleva capire come fosse possibile raggiungere la vetta dell'Everest senza ossigeno, un’impresa al limite dell’inspiegabile dal punto di vista scientifico, ma che Reinhold Messner e Peter Habeler avevano compiuto già tre anni prima. La ricerca sulla fisiologia in alta quota era iniziata anche in laboratorio. Gli studi Operation Everest I e II, condotti negli Stati Uniti nel 1946 e nel 1985, furono ricerche pionieristiche che simulavano ascese a quote estreme in camere ipobariche. “Tutti i volontari che hanno partecipato a questi studi e spedizioni erano maschi. Diversi decenni dopo, sappiamo ancora troppo poco sulle conseguenze fisiologiche dell’alpinismo ad altitudini estreme nelle donne. La spedizione femminile sul K2 rappresenta un'opportunità unica per fare luce su un aspetto di grande importanza sia per il mondo dell’alpinismo, sia per la comunità medica e scientifica internazionale, sempre più attenta alla medicina di genere” così Giacomo Strapazzon, direttore dell’Istituto di medicina d’emergenza in montagna di Eurac Research e responsabile scientifico dello studio.

“Compatibilmente con le condizioni fisiche e psicologiche delle alpiniste al rientro, terraXcube ci permetterà di condurre uno studio senza precedenti: saranno riesposte a una quota massima di 8849 metri per osservare i cambiamenti fisiologici in condizioni standardizzate e con metodiche d’avanguardia, riducendo al minimo i fattori ambientali e psicologici di disturbo” spiega Christian Steurer, direttore di terraXcube.

Oltre al CAI che promuove la spedizione, sono diversi i partner che supportano lo studio: il team di ricerca di Eurac Research lavorerà con colleghi e colleghe dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (IFC CNR), della Società italiana di medicina di montagna (SIMeM), dell’associazione EVK2CNR e di numerose università e istituzioni italiane e internazionali.

Giacomo Strapazzon (Eurac Research), Antonio Montani (CAI), Stephan Ortner (Eurac Research)Credit: Eurac Research | Andrea De Giovanni

Le alpiniste italiane della spedizione, insieme a Christian Steurer, direttore di terraXcube (a destra), e Giovanni Vinetti, ricercatore dell’Istituto per la medicina d'emergenza in montagna (a sinistra), alla presentazione del progetto a Milano.Credit: Eurac Research | Elena Munari

Le otto alpiniste della spedizione femminile sul K2 promossa dal CAI per i 70 anni dalla prima ascesa italiana, alla presentazione del progetto a Milano.Credit: Eurac Research | Elena Munari

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