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Come posso condividere i risultati della mia ricerca con i partecipanti?

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Come posso condividere i risultati della mia ricerca con i partecipanti?
Una donna presenta i risultati di una ricercaCredit: pexels.com | All rights reserved

Per chi fa ricerca, presentare i risultati di un progetto è sempre un momento delicato, ma la presentazione più importante e più rischiosa è quella che fa ai partecipanti stessi. Questo post spiega brevemente l’importanza, ma anche le sfide, di un approccio di ricerca aperto, collaborativo e partecipativo.

Un’ora fa ho fatto una presentazione che mi preoccupava da mesi: dovevo presentare i risultati della mia ricerca etnografica agli insegnanti che ne sono stati parte integrante. Perché mi preoccupavo così tanto, vi chiederete? Perché dopo che hanno permesso a me – un’estranea, un’intrusa – di osservare le loro lezioni, di fare riprese nelle giornate più belle e in quelle più difficili, dopo la loro infinita pazienza per le mie domande sciocche e dopo aver pure acconsentito a delle sessioni di feedback sulle mie prime analisi delle loro classi, sarebbe stato meglio che io avessi qualcosa di interessante da raccontare! Non sarebbero bastati una semplice presentazione dei loro punti di forza e punti di debolezza, né un elenco di consigli o di “buone pratiche”.

Ma ciò che è interessante per una linguista educativa non sempre lo è per gli insegnanti di scuola media. Se trasformare la registrazione di una lezione caotica in una precisissima trascrizione, per poi farci un’analisi accurata, produce in me “scintille di gioia” – per dirla con le parole della maestra del riordino Marie Kondo – non è assolutamente così per gli insegnanti. Per loro, ho imparato, una trascrizione in bianco e nero non può rendere chiare tutte le sfumature della gestione di adolescenti ribelli durante una lezione andata storta o della gestione di studenti che parlano tutti insieme durante una lezione coinvolgente. La mia presentazione doveva quindi utilizzare una logica, una cornice e un linguaggio comprensibile anche ai non linguisti e ai non antropologi e, allo stesso tempo , mostrare agli insegnanti qualcosa di nuovo. Doveva anche trasmettere un parere vero e onesto, ma che al contempo tenesse ben presente che cosa significhi lavorare in una scuola.

Storicamente, la ricerca etnografica ha cercato di mantenere una linea molto distinta tra “il campo” e “la casa”, tra “l’osservatore” e “l’osservato ”. Gli antropologi che hanno oltrepassato questa linea sono stati accusati di going native, cioè di aver perso il loro punto di vista analitico oggettivo, di aver adottato i modi culturali della popolazione locale. Però, questi binari si confondono quando si lavora in un paradigma di ricerca partecipativa. Durante l’anno di osservazione partecipante in questa scuola, gli insegnanti hanno iniziato a confidarmi le loro sfide personali e professionali, le loro frustrazioni e persino le loro paure. Sarebbe assurdo da parte mia, dopo questa esperienza, ritirarmi nella poltrona del mio ufficio tra i miei libri di teoria sociale! E, oltre a essere semplicemente assurdo, tradirebbe il nostro rapporto di fiducia che abbiamo pian piano costruito nel corso dell’anno precedente. Potrebbe pure tradire l’attendibilità delle analisi: se le mie analisi non hanno senso per gli insegnanti su cui si basano, allora non posso ragionevolmente credere che siano accurate..

Così, dopo aver chiesto il consiglio dei miei colleghi che lavorano con insegnanti e amministratori scolastici, e dopo aver ricevuto alcuni consigli utili da uno psicologo del lavoro, ho preparato la mia presentazione. A differenza dei miei incontri precedenti con gli insegnanti, questa presentazione non includeva nessuna trascrizione, nessun’analisi dettagliata, nessun segmento di video codificato. Mirava, invece, a dire semplicemente la verità: ovvero che questi insegnanti stanno facendo un lavoro eccezionale e che io sono qui per sostenerli. A loro ho offerto il mio punto di vista sia come “outsider”–immaginandomi come una estranea, o come una studentessa appena arrivata—sia come “insider” —immaginandomi come un’insegnante navigata. Ho anche evidenziato, dalla mia prospettiva di ricercatrice, dove vedo risorse non sfruttate e qualche opportunità di cambiamento. Soprattutto, però, ho espresso l'interesse a continuare questa conversazione con loro. Per mostrarmi responsabile nei confronti degli insegnanti ai quali sono destinati i risultati di questa ricerca, e per consentire loro di accedere alla produzione di questi risultati, i momenti di condivisione non dovrebbero mai concludersi con un “grazie e arrivederci”, ma sempre con un “alla prossima!”

Andrea Renee Leone Pizzighella

Andrea Renee Leone Pizzighella

Andrea Leone-Pizzighella is a language teacher-turned-researcher working on better understanding how school works. An educational linguist by training, her research in secondary schools sits at the nexus of linguistics, anthropology, and education sciences. Her current project as a Marie Skłodowska-Curie Fellow is a participatory action research project at two middle schools in Northern Italy.

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Citation

https://doi.org/10.57708/bpnw4z9kdqrsmbcsj456gua
Leone Pizzighella, A. R. Come posso condividere i risultati della mia ricerca con i partecipanti? https://doi.org/10.57708/BPNW4Z9KDQRSMBCSJ456GUA

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