“Ciao nonno, mi vedi?”
In questa fase di lock down stiamo rinunciando a molte delle nostre abitudini. La tecnologia ci aiuta in parte a mantenere la nostra routine: possiamo fare la pausa caffè con i nostri colleghi in Skype, seguire il solito corso di ginnastica in Zoom e acquistare in internet abbigliamento primaverile. Da fare la spesa a visitare i più famosi musei del mondo: tutto si è trasferito online. Come se la sta cavando in questo periodo chi non ha uno smartphone o una connessione internet oppure non li sa usare?
Gli anziani sono una di queste categorie. Spesso si sentono esclusi dal mondo delle tecnologie digitali. Troppo complesse, tasti e scritte troppo piccoli, funzionalità poco chiare. Frustrazione e rifiuto fanno capolino se non si riesce a usare internet o il cellulare. Da un’indagine del 2018 dell’Istituto di ricerca economica della Camera di Commercio di Bolzano è emerso che in Alto Adige molti over 65 considerano insufficiente la loro capacità di usare le tecnologie nella vita quotidiana. Al tempo stesso, oltre un quarto dei rispondenti ritiene che questi strumenti abbiano un impatto positivo sulla qualità della vita. Altri dati mostrano che in Europa circa il 45 per cento degli anziani usa Internet almeno una volta alla settimana e che questa tendenza è un aumento. Si riscontrano differenze regionali, ma l’opinione di fondo è comune: gli anziani non rifiutano a priori le tecnologie, ma la mancanza di conoscenze di base, concetti tecnici, istruzioni d’uso poco chiare e un design spesso inadeguato dal punto di vista motorio e visivo contribuiscono a creare un atteggiamento di scetticismo.
Oggi, la crisi causata dall’epidemia di Covid-19 mostra quanto sia importante per gli anziani – che spesso vivono da soli – avere accesso alle tecnologie dell’informazione, non solo per esigenze pratiche, come fare la spesa, ma anche per sostituire almeno in parte quei contatti sociali a cui hanno dovuto rinunciare.
Esistono diversi programmi per ridurre il “Digital Divide” e sviluppare soluzioni testate sugli anziani e calibrate sui loro bisogni. A livello locale, in Alto Adige ci sono diverse iniziative di coaching (in parte svolte da anziani) per avvicinare all’uso delle tecnologie.
Il nostro istituto di ricerca sta svolgendo un progetto per capire se l’utilizzo della tecnologia (tablet che ricordano appuntamenti e che permettono di collegarsi al centro di emergenza se non ci si sente bene, rilevatori di fumo, orologi d’emergenza che segnalano eventuali cadute, sensori di movimento) possa aiutare gli anziani a vivere una vita autonoma.
Abbiamo parlato con alcuni degli anziani che partecipano al progetto per sapere come se la stanno cavando in questo momento. Qualcuno ha già familiarità con applicazioni come Whatsapp; ora che i nonni non possono più vedere le loro famiglie, questa funzione diventa particolarmente importante (“Se vedo i miei nipoti in una conversazione video, per un momento dimentico tutto il resto”). In questo momento alcuni anziani si sentono rassicurati dal fatto di avere pulsanti di emergenza e app di sicurezza per telefoni cellulari (come il 112). Qualcuno ha esplorato nuove funzioni dello smartphone e le sta usando con successo, ma avrebbe bisogno dei nipoti per fare altre scoperte. Non tutti gli anziani, però, si sono riscoperti entusiasti sostenitori della tecnologia. Alcuni si sentono più a loro agio nel ripetere abitudini consolidate e, alla videochat, preferiscono la tradizionale telefonata. Si tratta soprattutto di persone che non vivono da sole.
Nei prossimi mesi si vedrà se e in quale misura la pandemia di Covid-19 favorirà la diffusione delle tecnologie digitali tra la popolazione anziana. Il Comune di Brunico sta raccogliendo computer portatili usati per distribuirli agli anziani. Verranno poi organizzate lezioni in remoto per aiutarli a usarli. I tablet stanno entrando anche nelle case di cura. Una cosa è certa: è imprescindibile coinvolgere tutti gli anziani nel processo di digitalizzazione, ovunque essi si trovino. Dobbiamo garantire, nello spirito di una società a misura di anziano, che tutti, indipendentemente dalla loro mobilità e dalle loro condizioni di salute, possano partecipare alla vita sociale e rimanere in contatto con i propri cari.
Marcelle van der Sanden è ricercatrice all’Istituto per il management pubblico di Eurac Research. Studia come la tecnologia possa permettere agli anziani di condurre una vita il più possibile autonoma. Segue sia l’implementazione, sia la valutazione di diverse soluzioni tecnologiche per capire come incidano sulla qualità di vita e come vengano recepite dagli anziani. |
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