L’inglese come lingua franca
I contatti tra persone di culture, storie e lingue diverse divengono ogni giorno più frequenti, e le cause sono molteplici. Tra gli incommensurabili motivi che hanno favorito giorno dopo giorno questo continuo contatto culturale possiamo sicuramente riconoscere, in ambito più ristretto rispetto a un discorso mondiale, il costante e continuo allargamento dell’Unione Europea. Dal 1° luglio 2013, in seguito all’adesione della Croazia, i Paesi membri dell’Unione Europea hanno raggiunto quota 28.
L’aspetto interessante degli allargamenti dell’Unione Europea risiede nel fatto che queste aperture riguardano ormai i numerosi Stati che confinano con il territorio europeo, ma che storicamente fanno parte di tradizioni e storie che non rientrano nel quadro tipicamente europeo.
L’Unione Europea si fonda sul principio di “unità nella diversità”: diversità di culture, costumi, opinioni e di lingue, sui valori indivisibili e universali di dignità umana, libertà, uguaglianza e solidarietà, nonché sui principi di democrazia e dello stato di diritto.
Condizione essenziale per l’ammissione, è condividere e far propri tali principi. Di conseguenza, il processo di adesione, nonché quello di integrazione, inevitabilmente spronano riforme politiche, economiche e sociali negli Stati che aspirino a far parte dell’Unione Europea.
È praticamente impossibile considerare l’integrazione europea senza indagare come la dimensione linguistica influisca sulle sue possibilità di successo.
Per promuovere la cittadinanza europea dunque, è necessario affrontare con equilibrio e serietà il problema del gran numero di lingue presenti in Europa. Dopo l’accesso a luglio 2013 della Croazia, attualmente le lingue ufficiali dell’Unione Europea sono 24 in rappresentanza di 28 Stati Membri: bulgaro, ceco, croato, danese, estone, finlandese, francese, greco, inglese, irlandese, italiano, lettone, lituano, maltese, olandese, polacco, portoghese, rumeno, slovacco, sloveno, spagnolo, svedese, tedesco e ungherese.
Il trattato istitutivo dell’Unione Europea stabilisce che ogni cittadino dell’Unione possa scrivere alle istituzioni europee in una delle 24 lingue ufficiali e ricevere una risposta nella medesima lingua e che tutti i documenti vengano redatti in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, al fine di garantirne la comprensibilità. Inoltre, le lingue ufficiali vengono definite dagli Stati Membri e non dalle autorità di Bruxelles.
Nonostante l’inglese sia la lingua parlata e capita dal 55% degli europei, la politica plurilingue è ribadita in tutta la legislazione dell’Unione Europea. Infatti, il primo accordo culturale Europeo, che risale al 12 ottobre del 1954, incoraggia proprio lo studio della cultura, della storia e della lingua degli altri paesi europei.
Il pluralismo linguistico è orientamento strategico anche nelle politiche educative della Commissione Europea. Allo stesso modo i vari Piani d’Azione per lo sviluppo linguistico e culturale in Europa rappresentano spinte innovative ed indicano prospettive educative per l’affermazione e la valorizzazione di una pluralità di lingue e di culture nel panorama scolastico europeo.
Infine, l’esperienza degli scambi e dei partenariati nell’ambito dei Progetti Erasmus, Socrates e Leonardo portano spesso all’esposizione a nuove lingue e culture. I ragazzi e le ragazze che partecipano a questo tipo di esperienza si trovano a convivere con persone di provenienza diversa dalla loro: si pone così il problema di fronteggiare in un breve periodo il contatto diretto con individui appartenenti ad altre culture, con le quali si cerca di creare un legame mediante una lingua diversa dalla propria. Non esistono secondi fini (economici o quanto altro), l’unico scopo di questi scambi è conoscere realtà e culture differenti da quelle di appartenenza, oltre alla condivisione di un’esperienza unica con studenti provenienti da altri paesi.
Tuttavia, nonostante sul fronte istituzionale vi sia una propensione al plurilinguismo come fondamento per la legittimità e la trasparenza dell’Unione Europea, l’inglese ha svolto e continua a svolgere un ruolo cruciale nella creazione della cittadinanza europea.
L’Inglese è indubbiamente lingua franca: è la lingua del commercio e della comunità scientifica, è diffuso costantemente per radio, per televisione e via Internet. Si può veramente affermare, senza timore di esagerare, che nessuna lingua sia mai stata così usata e che, nel corso della storia, mai si sia verificata una condizione così favorevole alla comunicazione nei quattro angoli del mondo. Da un punto di vista linguistico si tratta di un mondo nuovo. Coloro che parlano inglese pur non essendo madrelingua ormai superano i madrelingua tre a uno: lo afferma l’esperto di lingua Inglese David Crystal, nel libro “Inglese come lingua globale”: “Non è mai accaduto prima che una lingua fosse parlata da più gente come seconda lingua che dai madrelingua”.
Date le sue implicazioni politiche, sociali e culturali, l’inglese è inoltre spesso associato ai valori che dominano la società contemporanea, alla modernità e alla dimensione internazionale e globale.
In una realtà sempre più internazionale, l’inglese risponde alla necessità dell’interdipendenza mondiale a tutti i livelli, in quanto rende possibile la comunicazione tra persone di nazionalità diverse. D’altro canto, in considerazione del valore culturale del multilinguismo e della ricchezza legata all’apporto di molteplici lingue e culture, anche le lingue nazionali vanno mantenute e lo studio di altre lingue straniere oltre all’inglese va incoraggiato.
Qualunque integrazione culturale e politica in un’Europa sempre più multilingue, richiede pertanto una politica linguistica che incoraggi sia la diversità linguistica sia l’uso dell’inglese.
Cecilia Vera Lagomarsino holds a Master’s degree in International Relations from the University of Milan, Italy. During the studying period, she spent one year in Bucharest, Romania with the Erasmus Programme. Currently, she lives in Vienna with her family. Prior to joining the Permanent Delegation of Italy to the OSCE, she has worked at the International Office for Migration (IOM) in the Research and Migration Law Department, at the OSCE Parliamentary Assembly, at the Information Office of the European Parliament, as well as at the Consulate General of Italy in Hamburg, Germany. Moreover, she has deployed with different OSCE/ODIHR Election Observation Missions. Her areas of expertise are gender equality and international law. |
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