Le migrazioni nella campagna elettorale italiana 2022
La campagna elettorale per le elezioni politiche 2022 vede il tema delle migrazioni presente nei programmi di tutti i partiti e coalizioni. Che il tema sia presente nei programmi non significa però che tutti i partiti ci stiano investendo.
Il tema delle migrazioni internazionali è redditizio in campagna elettorale. Ma non lo è per tutti i partiti allo stesso modo. È difficile ricordare un appuntamento elettorale di una qualche importanza in cui le migrazioni non abbiano costituito un tema rilevante. Lasciamo da parte per un attimo l’Italia, e ripensiamo a recenti campagne combattute sul tema delle migrazioni.
Non è difficile riportare alla memoria la demonizzazione della migrazione (anche europea) da parte del United Kingdom Independence Party (UKIP) nel serrato confronto del referendum sulla Brexit. Torna facilmente in mente anche la polarizzazione del sistema partitico tedesco a seguito della decisione della Cancelliera Merkel di garantire l’ingresso a più di un milione di richiedenti asilo dalla Siria durante la cosiddetta crisi dei rifugiati del 2015, con la conseguente ascesa della Alternative für Deutschland (AfD) a partire dalle elezioni del 2017. Più recentemente, il successo elettorale del partito dei Democratici Svedesi del mese di settembre 2022 mostra come l’investimento sul tema immigrazione – anche in presenza di altre urgenze di carattere nazionale e internazionale – sia assai remunerativo in termini elettorali.
Il vantaggio di un posizionamento chiaro sul tema delle migrazioni internazionali però è distribuito solo sul versante della mobilitazione anti-immigrazione. I motivi di questa sorta di regola non scritta sono molti, e vale ripercorrerne alcuni prima di passare ad una panoramica sulle posizioni dei partiti italiani nella campagna elettorale per le prossime elezioni legislative.
Il vantaggio di un posizionamento chiaro sul tema delle migrazioni internazionali però è distribuito solo sul versante della mobilitazione anti-immigrazione.
In primo luogo, la gestione delle migrazioni internazionali è un tema complesso. Questa complessità si esprime in tutte le fasi che sottostanno alla presa di decisioni politiche in ambito migratorio, dalla raccolta e lettura dei dati e delle statistiche, alla formulazione di proposte di legge. In un panorama politico ormai dominato dal paradigma della velocità, l’illustrazione della complessità viene rifuggita come la peggiore delle strategie. Le migrazioni non fanno eccezione. Legato alla complessità c’è il carattere dicotomico dell’opposizione tra la difesa degli autoctoni e l’accoglienza degli stranieri. Se la difesa della comunità di appartenenza si esprime con formulazioni definitive che non lasciano margini a interpretazioni ambigue, lo stesso non può dirsi delle aperture programmatiche pro-immigrazione. Così agli slogan “Stop all’immigrazione” non corrisponde mai uno speculare positivo di altrettanta chiarezza. Anche perché le paure suscitate dall’agitazione della minaccia e dell’invasione difficilmente riescono ad essere contrastate né da un richiamo emotivo alla responsabilità dell’accoglienza, né tantomeno dal riferimento cognitivo alla necessità delle migrazioni.
La campagna elettorale italiana 2022
La campagna elettorale che si concluderà tra pochi giorni in Italia vede il tema delle migrazioni presente nei programmi di tutti i partiti e coalizioni. Che il tema sia presente nei programmi non significa che tutti i partiti ci stiano investendo.
Secondo le premesse riportate sopra, sono la Lega e Fratelli d’Italia a contendersi quella parte dell’elettorato maggiormente sensibile al richiamo anti-immigrazione. Matteo Salvini punta sulla carta della coerenza con l’azione di governo realizzata dal governo di coalizione M5S-Lega, suggerendo continuità con le iniziative di maggiore rilevanza politica e simbolica del Ministero dell’Interno cui è stato a capo negli anni 2018-2019. Il ripristino dei “Decreti Sicurezza” fa da perno a una strategia ampiamente descritta nel programma elettorale. Questa spazia dal blocco degli sbarchi alla conferma del Memorandum con la Libia, passando attraverso la reiterazione della contrarietà alla revisione della legge di cittadinanza che preveda l’adozione dello ius soli. Lo slogan “Stop sbarchi. Credo nell’Italia sicura. Lo abbiamo fatto e lo rifaremo” è indicativo di questa strategia.
Nella competizione interna al centro destra, Fratelli d’Italia ha cercato di realizzare - con una strategia comunicativa incentrata sulla proposta di realizzazione di blocchi navali – un piano anti-immigrazione di rigore paragonabile a quello della Lega, incentrato sulla prevenzione degli arrivi anziché sull’accostamento “migrazioni-criminalità” che invece è ben presente nel programma del partito. Non a caso, il punto 21 del programma di FdI porta il titolo: “Fermare l’immigrazione illegale e restituire sicurezza ai cittadini”.
Rispetto alle elezioni del 2018, la novità consiste nello smarcamento del Movimento 5 Stelle dal tema delle migrazioni. Nella comunicazione del partito e di Giuseppe Conte non c’è traccia di riferimenti ai “taxi del mare” utilizzati dal Movimento per sferrare la denuncia alle ONG che operavano nel Mediterraneo. Anche le ondivaghe posizioni assunte dal M5S nel corso del tempo sull’introduzione dello ius soli, culminate con l’astensione del gruppo parlamentare pentastellato nel relativo dibattito parlamentare del 2017, sono un ricordo lontano nell’attuale strategia del partito incentrata sulla difesa del reddito di cittadinanza e sul posizionamento su tematiche di protezione sociale. Che il portato universalista di queste ultime comprenda o meno i cittadini migranti non è facile intuirlo, nemmeno attraverso la lettura del programma.
A dimostrazione del fatto che un posizionamento che si distanzia da un programma anti-immigrazione – non necessariamente proponendo misure pro-immigrazione- non paga elettoralmente, il Partito Democratico non ha ritenuto opportuno inserire nella molto criticata campagna comunicativa del “rosso e nero” il tema delle migrazioni, limitandosi all’opposizione tra “discriminazioni e diritti”. L’approfondimento programmatico sulle questioni migratorie suggerisce la creazione di un’Agenzia di Coordinamento delle politiche migratorie, l’investimento sul modello diffuso di integrazione, l’attivazione di corridoi umanitari in situazioni di pericolo e il superamento del Regolamento di Dublino.
Ma, come è noto, la lettura dei programmi non costituisce la principale strategia informativa pre-elettorale degli elettori e delle elettrici. Secondo questa nota regola, che vede nell’immagine del leader uno dei principali meccanismi di identificazione con il partito, i programmi sono assai poco considerati, e con essi anche le proposte relative al tema delle migrazioni pur presenti negli altri partiti, o nelle coalizioni appositamente create per la competizione elettorale.
La brevità della campagna elettorale, il potenziale di drammatizzazione delle notizie ampliatosi ai temi del conflitto internazionale e alle sue conseguenze, la previsione dei sondaggi del successo della coalizione di centro-destra hanno limitato l’uso strategico dei temi relativi alle migrazioni ai “soliti sospetti”.
È probabile che la competizione infrapartitica sul versante anti-immigrazione si trasferirà nei prossimi mesi dal contesto della campagna elettorale a quello delle politiche pubbliche. L’adozione di uno sguardo comparato è d’aiuto nell’immaginarne le possibili conseguenze.
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