Il trattamento conservativo della mummia con il sudario dipinto è stato eseguito dalle restauratrici del Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale.
È stato un intervento complesso che ha richiesto la combinazione di metodi diversi, alcuni particolarmente innovativi. Il lavoro delle restauratrici è stato pianificato nel dettaglio per rinforzare dal punto vista strutturale il sudario, recuperare la superficie pittorica, e, allo stesso tempo, riordinare e consolidare i bendaggi interni, in modo da garantirne la conservazione nel tempo.
Quando la mummia è arrivata a Venaria presentava diverse tipologie di degrado che rendevano poco comprensibili sia le caratteristiche del dipinto, sia la stratigrafia dei materiali tessili sottostanti. Superfici ancora integre convivevano con ampie lacune e lacerazioni, creando una superficie discontinua e compromessa.
In una prima analisi visiva le restauratrici hanno constatato che in origine il sudario era decorato pittoricamente su tutta la superficie ed era mantenuto in posizione da lacci in tessuto, di cui oggi rimangono solo alcuni frammenti, fissati con una resina di colore scuro. Sotto il sudario dipinto hanno inoltre osservato un complesso sistema di fasciatura con bende sovrapposte e un ulteriore sudario non decorato in tela di lino.
Con il supporto degli esperti di conservazione del Centro, la mummia è stata osservata anche con degli “occhi speciali”. È stata condotta una campagna di indagini diagnostiche multispettrali non invasive per mappare i materiali originali presenti, verificare la presenza di un disegno preparatorio ed esaminare la tavolozza pittorica.
Per approfondire le analisi sulla tecnica pittorica sono state condotte indagini puntuali non invasive e prelevati pochi grani del materiale per dei campionamenti. Microscopi ottici ed elettronici hanno permesso di individuare la successione degli strati pittorici. Le analisi hanno riguardato anche le fibre tessili per capire quali filati sono stati utilizzati e per identificare eventuali sostanze resinose o una colorazione applicata alle bende.
La mummia aveva un consistente strato di deposito superficiale che, dopo la prima fase di analisi, è stato rimosso mediante microaspirazione. La punta dell’aspiratore è stata protetta con una retina a maglie strette per evitare interferenza con la materia originale.
Per rimuovere i depositi sulla superficie della pellicola pittorica sono state testate soluzioni acquose confinate in idrogel ad alta ritenzione che hanno permesso l’applicazione controllata delle soluzioni e l’assorbimento dello sporco per capillarità.
Il trattamento conservativo della mummia ha richiesto l’impiego di metodi diversi: sono stati usati il consolidamento ad ago e l’applicazione sui bendaggi sottostanti il sudario dipinto di veli in crepeline di seta, appositamente tinti; per il recupero strutturale del sudario, caratterizzato dalla compresenza di tessuto e materiali pittorici, le restauratrici hanno scelto di procedere con il riordino della tessitura nelle lacerazioni e con il ricongiungimento delle teste dei filati mediante l’applicazione puntuale di cellulose nanostrutturate.
L’utilizzo di materiale adesivo in cellulosa è un metodo già testato in letteratura. Le attività sperimentali preliminari hanno permesso di studiare le prestazioni delle cellulose nanostrutturate, verificando la resistenza meccanica dei giunti e la loro proporzionata tenacità rispetto allo stato del filo archeologico.
È stata analizzata anche la compatibilità visiva di questo tipo di intervento. Infine, per tutte le operazioni di movimentazione funzionali all’intervento di restauro, la mummia è stata girata con l’ausilio di attrezzature per l’emergenza e il primo soccorso, permettendo di ridurre al minimo i rischi connessi con il sollevamento improprio dei resti umani.
Dettaglio della testa della mummia con il sudario dipinto, pre- e post-restauro
Il dipinto sul sudario rende in forma stilizzata i lineamenti principali del volto e della parte superiore del corpo, mentre a copertura degli arti inferiori è raffigurato un “piumaggio” disposto simmetricamente ai lati di una pseudo iscrizione in geroglifici su fondo di colore giallo. Le braccia sono dipinte aderenti al corpo e decorate con bracciali.
I lineamenti del volto sono stati realizzati su uno sfondo di colore rosa intenso; sono ben visibili gli occhi della defunta, con profilo e pupilla di colore nero su fondo cromatico bianco; anche le sopracciglia sono nere. Gli altri dettagli del volto, quali orecchie naso, bocca, profilo del volto e collo, sono resi con un colore rosso più intenso. Il volto è incorniciato da una parrucca nera, interrotta in corrispondenza della fronte da una fascia bianca con decorazioni geometriche.
La decorazione policroma è caratterizzata dai seguenti colori:
Bianco: carbonato di calcio (CaCO₃), pigmento di origine naturale, derivato da rocce carbonatiche e gusci di molluschi, noto e molto usato fin dall'antichità.
Blu: blu egizio (CaO·CuO·4SiO₂ silicato basico di rame e calcio) è un pigmento artificiale minerale. La formulazione originale prevedeva sabbia, carbonato di calcio, un composto di rame (malachite o rame puro) e un sale di sodio che agisse da fondente per abbassare la temperatura di fusione della miscela. Si preparava riscaldando la mistura in proporzioni più o meno fisse in una fornace. Si attribuisce l’invenzione del pigmento agli Egizi della pima dinastia.
Rosso scuro: ottenuto dalle ocre (ossidi di ferro con impurezze argillose), minerali molto diffusi in natura. Le ocre sono conosciute e utilizzate fin dalla più remota antichità.
Rosso aranciato: minio (Pb₃O₄ ossido di piombo) diffuso nella pittura egizia a partire dall’epoca romana, si trova in quantità limitate allo stato naturale e, in alternativa, viene ottenuto riscaldando a oltre 700°C sali di piombo facilmente decomponibili (litargirio o ossido di piombo) o calcinando a 900-1.000°C cerussa naturale o biacca artificiale (carbonato basico di piombo).
Nero: pigmento a base carboniosa. I pigmenti a base carboniosa formano un gruppo di materiali di colorazione scura che sono usati fin dall’antichità. Tradizionalmente era ottenuto da combustione di resina o carbone di legno tenero o, ancora, dal fumo di una fiamma.
Giallo: le analisi scientifiche fanno ipotizzare l’utilizzo di un giallo di natura organica (come zafferano o reseda), generalmente usati per le tinture.
Rosa: ottenuto dalla combinazione di bianco (carbonato di calcio e gesso) e di un colorante di natura organica (lacca rossa).
Il Centro Restauro e Conservazione La Venaria Reale è una Fondazione nata nel 2005 come polo di rilevanza nazionale per l’alta formazione e la ricerca nel settore della conservazione del patrimonio culturale.
Nelle ex scuderie e nel maneggio settecenteschi della Reggia di Venaria, poco fuori Torino, il Centro dispone di nove laboratori di restauro suddivisi per tipologie di materiali, un laboratorio fotografico e laboratori scientifici per attività diagnostiche.
Il Centro ospita una Scuola di alta formazione e studio per restauratori e organizza insieme con l'Università di Torino un corso di laurea per la formazione dei restauratori di beni culturali.
Il trattamento conservativo è stato eseguito in collaborazione con il Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa, il Consorzio Interuniversitario Sistemi Grande Interfase (CSGI), il Dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze e con il supporto del MUR (FOE E-RIHS IT e PON Ricerca e Innovazione 2014-2020, CCI: 2014IT16M2OP005).