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Istituto per la medicina d'emergenza in montagna - News & Events - Il gruppo di alpiniste e alpinisti del K2 è tornato in Eurac Research

19 agosto 24

Il gruppo di alpiniste e alpinisti del K2 è tornato in Eurac Research

    Credit: Eurac Research | Andrea De Giovanni

    A circa due settimane dai tentativi di vetta sul K2, Silvia Loreggian, Federica Mingolla e Anna Torretta sono tornate a Bolzano per svolgere in terraXcube la seconda parte dello studio sulle reazioni dell’organismo femminile all’alta quota. “Si tratta di un gruppo più piccolo rispetto a quello che è stato qui a marzo per la prima parte dello studio - alcune alpiniste della spedizione K2-70 non sono tornate a causa di alcune problematiche mediche e logistiche – ma rimane comunque molto interessante per la ricerca”, spiega Giacomo Strapazzon, direttore dell’Istituto di medicina d’emergenza in montagna di Eurac Research e responsabile dello studio che ha coinvolto diversi enti e università italiane ed estere, tra questi la Società italiana di medicina di montagna (SIMeM), l’Istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa e la Commissione centrale medica del CAI (CCM CAI). Per sfruttare al meglio le opportunità di studio offerte da questa spedizione, il personale medico e di ricerca di Eurac Research ha deciso di includere in questa fase anche tre degli alpinisti che, in spedizioni collegate a K2-70, hanno raggiunto (o quasi) la cima della montagna senza ossigeno supplementare. La loro presenza a Bolzano di Federico Secchi, Matteo Sella e Tommaso Lamantia, resa possibile grazie al prezioso lavoro di networking della medica di spedizione Lorenza Pratali, permetterà di approfondire il confronto tra l’adattamento fisiologico del corpo femminile e maschile ad alte quote.

    La seconda fase dello studio: esami e riesposizione Considerando l’intera spedizione, tutto il gruppo è stato per circa un mese a quote superiori a 5.000 metri, rimanendo a bassa quota per circa una settimana, durante il viaggio di ritorno. Durante la spedizione il gruppo di lavoro di Eurac Research e SIMeM è rimasto in contatto con la medica di spedizione Lorenza Pratali, per conoscere le condizioni delle alpiniste e per programmare al meglio la seconda fase dello studio. All’arrivo a Bolzano le atlete e gli atleti sono stati sottoposti a una serie di visite e portati artificialmente in quota, all'interno del terraXcube. “Questa procedura ci ha permesso di osservare le reazioni del corpo a una riesposizione a quote estreme in persone allenate e acclimatate. Si tratta di una tipologia di studio mai condotta prima che ci ha permesso di riportare nella cosiddetta ‘death zone’ in condizioni sicure, controllate e ripetibili chi vi era stato pochi giorni prima senza uso di ossigeno supplementare” aggiunge Strapazzon.

    Negli studi medici la sicurezza di chi partecipa è una priorità e in questo caso le condizioni mediche delle alpiniste al rientro non hanno consentito di riesporle a 8.000 metri com’era previsto inizialmente. Il personale medico e di ricerca ha deciso quindi di riportare solo alcuni dei partecipanti a una quota equivalente a quella dell’Everest. Alla quota di Bolzano e in terraXcube sono stati ripetuti gli esami effettuati prima della spedizione: valutazioni funzionali durante test da sforzo e a riposo, esami del sangue tra cui l’analisi del contenuto di ossigeno, ecografie e valutazioni delle risposte neurologiche e neurocognitive all’ipossia. Questi esami non permetteranno solo di conoscere meglio le risposte del corpo maschile e femminile acclimatato “in modo naturale”, ma miglioreranno anche le conoscenze su come studiare queste reazioni al meglio. Eseguire questi esami a una quota simulata di 8.848 m è stata infatti una sfida sia per il fisico dei ricercatori, sia per la funzionalità della strumentazione. Entrambi sono stati monitorati e hanno fatto registrare perfomance ottimali!

    Ora il gruppo si dedicherà all’analisi dei dati raccolti insieme ai partner di ricerca coinvolti; sono l’Istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa, la Commissione Medica del CAI e la Società Italiana di Medicina di Montagna, le università di Padova, Brescia, Innsbruck, Verona e l’Azienda sanitaria dell’Alto Adige.

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