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A Milano, un impianto di teleriscaldamento e teleraffrescamento sperimentale
Insieme all’operatore di energia A2A, un team di ricerca ha installato e sta monitorando un sistema che sfrutta l’acqua di falda
In alcune aree di Milano le falde acquifere si trovano a scarsa profondità e sono in risalita. Per questo l’acqua è monitorata costantemente e deve essere drenata usando i cosiddetti pozzi di controllo. Un impianto di teleriscaldamento freddo potrebbe sfruttare l’acqua di falda dismessa come fonte di calore, ma per farlo bisogna affrontare alcune importanti sfide tecnologiche. Lo scorso autunno è stato installato un impianto sperimentale che coinvolge tre edifici.
Attorno al parco della Resistenza, nella zona sud di Milano non lontano da Porta Ticinese e dall’Università Bocconi, si trovano tre edifici: la sede del Quinto Municipio meneghino, una scuola dell’Infanzia e uno dei tanti condomini della zona. All’apparenza questi edifici non sono troppo diversi da tutti quelli che li circondano, da qualche mese però nascondono una novità.
Lo scorso autunno, i tre edifici sono stati allacciati a un impianto di teleriscaldamento e teleraffrescamento innovativo. La principale innovazione del sistema risiede nell’utilizzo dell’acqua di falda in eccesso, pompata dai pozzi di controllo al di sotto del parco della Resistenza, come fonte energetica.
L’acqua di falda in eccesso: una risorsa inutilizzata?
Milano è una città d’acqua. Nel medioevo, l’autoctono scrittore e poeta Bonvesin de la Riva ne cantava la bellezza dei canali e delle fonti, popolate di pesci e di gamberi. E sbaglia chi pensa che oggi di tutta quell’acqua sia rimasta solo la pallida testimonianza dei navigli. Basta infatti guardare poco sotto l’asfalto: in alcune aree di Milano le falde acquifere si trovano a scarsa profondità, anche a 3 metri, e sono in risalita. Per questo l’acqua è monitorata costantemente e deve essere drenata usando i cosiddetti pozzi di controllo, per evitare che il livello si alzi troppo provocando danni e disagi agli edifici.
Per evitare la risalita dell’acqua, questa viene estratta dal sottosuolo per poi essere rigettata in canali di scarico e usata in agricoltura; si impiegano quindi tempo, infrastrutture e soldi. Nasce così l’idea di sfruttare l’acqua di falda dismessa come fonte di calore, ma per farlo bisogna affrontare alcune importanti sfide tecnologiche.
Un impianto di teleriscaldamento freddo
Il teleriscaldamento convenzionale solitamente sfrutta il calore prodotto da una centrale di generazione del calore che utilizza gas naturale, biomassa o la termovalorizzazione dei rifiuti urbani. L’acqua portata ad alte temperature viene distribuita attraverso una rete di tubature agli edifici da riscaldare, per poi ritornare indietro a temperature più basse.
“Se si pensa a un impianto di teleriscaldamento convenzionale, l’utilizzo dell’acqua di falda è impercorribile,” spiega Roberto Fedrizzi, responsabile del gruppo di ricerca sui sistemi di riscaldamento e raffrescamento sostenibili di Eurac Research e coordinatore del progetto REWARDHeat. “Il teleriscaldamento convenzionale distribuisce acqua agli utenti a temperature attorno agli 80-90 gradi centigradi. L’acqua di falda ha invece una temperatura media di circa 15 gradi centigradi”. Eppure, questa risorsa ha una temperatura piuttosto costante e, inoltre, si investono dei soldi per “estrarla”: insomma, non utilizzarla è uno spreco.
Entra qui in gioco una nuova generazione di reti di teleriscaldamento che distribuisce l’acqua agli utenti a temperatura neutra, pari a quella dell’acqua di falda, sfruttando direttamente la fonte di energia disponibile. Dopo essere stata utilizzata, l’acqua di falda viene restituita al sistema iniziale e reindirizzata ai canali di scarico.
Come funziona l’impianto sperimentale di Milano?
L’impianto di teleriscaldamento freddo è stato installato a Milano grazie al progetto europeo RewardHeat, all’interno del quale sono state realizzate reti di teleriscaldamento innovative in otto città europee.
Nel progetto sperimentale milanese, acqua alla temperatura della falda è distribuita verso i tre edifici. In ognuno di questi, una pompa di calore innalza la temperatura dell’energia fornita ai livelli necessari per il riscaldamento ambiente in inverno e la produzione di acqua calda sanitaria. Uno dei vantaggi principali di questa configurazione è che la pompa di calore può anche raffrescare gli ambienti in estate e rigettare il calore estratto nella rete stessa, utilizzando molta meno elettricità rispetto ad un normale condizionatore. In questo modo, l’infrastruttura può essere usata anche come una rete di teleraffrescamento.
“Un’altra caratteristica innovativa dell’impianto è la possibilità di sfruttare il calore di scarto prodotta dagli edifici stessi,” racconta Roberto Fedrizzi, “ad esempio il raffrescamento in estate produce del calore di scarto che può essere immesso nella rete. Questo controbilancia il calore estratto dalla rete per produrre acqua calda sanitaria”. Carichi caldi e freddi che insistono a temperature diverse sulla rete devono essere bilanciati continuamente e convenientemente: per farlo si usa un sistema di controllo avanzato. “Questa è un’altra delle sperimentazioni tecnologiche del progetto.”
All’interno del progetto RewardHeat sono state realizzate reti di teleriscaldamento in altre città europee che utilizzano l’acqua di mare o il calore di scarto prodotto dai refrigeratori di supermercati come fonte di calore a bassa temperatura.
L’impianto è in funzione, e ora?
A novembre del 2023 tre edifici sono stati allacciati al nuovo impianto e nei prossimi mesi si monitoreranno consumi e funzionamento.
“L’obiettivo di una rete di questo tipo è quello di sfruttare il più possibile le risorse energetiche rinnovabili e di scarto – nell’ottica di un utilizzo circolare dell’energia – e di eliminare i combustibili fossili nella produzione di energia termica per i nostri edifici” commenta Roberto Fedrizzi. Ad esempio, il condominio ora allacciato alla rete innovativa utilizzava una caldaia a gasolio, che ora è stata dismessa.
Per un operatore dell’energia come A2A, il progetto è l’occasione per costruire expertise sulla realizzazione e gestione di questa nuova generazione di reti. “La direzione da prendere è quella della gestione delle fonti di energia rinnovabile e di scarto disponibili nel tessuto urbano, sviluppando reti adattabili al funzionamento a diversi livelli di temperatura. In questo modo si ottimizzano i costi e si dà valore a risorse oggi inutilizzate e che, spesso, implicano costi di gestione non trascurabili” conclude Roberto Fedrizzi.
Il progetto EU H2020 REWARDHeat
Il progetto EU H2020 REWARDHeat (Recupero di calore rinnovabile e di scarto in reti di teleriscaldamento e raffreddamento) ha l’obiettivo di dimostrare una nuova generazione di reti di teleriscaldamento e raffreddamento a bassa temperatura, che saranno in grado di aumentare l'efficienza della produzione e della distribuzione di energia attraverso l’utilizzo di calore rinnovabile e il recupero di calore di scarto disponibili a bassa temperatura nelle nostre città. Concentrandosi sullo sfruttamento delle fonti energetiche disponibili nel contesto urbano, il progetto sviluppa tecnologie con il massimo potenziale di replicabilità.
Nel progetto finanziato dall’Unione europea, 29 partner coordinati da Eurac Research lavorano all’installazione di otto diverse reti di teleriscaldamento innovative, in altrettante città europee in Italia, Germania, Danimarca, Svezia, Croazia, Francia, Spagna e Paesi Bassi. Le reti in questione minimizzano drasticamente il consumo di energia fossile per il riscaldamento e il raffrescamento, abbattendo così le emissioni di CO2 e di inquinanti, rispetto ai sistemi di riscaldamento e raffrescamento convenzionali. Parallelamente il gruppo di esperti st sviluppando modelli di business e di finanziamento adatti alla costruzione e gestione di questa nuova generazione di infrastrutture.