La neurobiologa Larissa de Clauser studia come le varianti genetiche nei “nocicettori” - i sensori del dolore del nostro corpo - influenzano la trasmissione del segnale del dolore. Il disegnatore Marco Tabilio si è occupato spesso di temi scientifici, soprattutto relativamente alla malattia di Alzheimer. Insieme hanno sviluppato un fumetto sul dolore.
Il dolore è un tema complesso; come è nata l’idea di raccontarlo in un fumetto?
Larissa de Clauser: Da bambina adoravo i “Topolino” e poi ho imparato molto sulla biologia guardando “Siamo fatti così”, il cartone sul corpo umano. Così ho pensato che attraverso un mezzo come il fumetto i bambini potessero imparare a conoscere il dolore in modo divertente.
Marco Tabilio: Secondo la mia esperienza, i media pop come i fumetti o le animazioni sono molto efficaci per interessare e toccare le persone, anche per trasmettere concetti complessi; permettono di andare in profondità mantenendo una certa leggerezza. Dedico gran parte del mio lavoro al tema dell'Alzheimer e anche su questo vedo l’efficacia dei mezzi pop, come i laboratori per bambini. I giovani hanno menti fresche e ingegno rapido, quindi cosa c’è di meglio che rivolgersi a loro?
Il fumetto non riguarda solo il fenomeno fisico del dolore, ma anche i pregiudizi a esso collegati.
Larissa de Clauser: Ho vissuto questa situazione in prima persona nella mia famiglia. Fin da quando ero adolescente, mia madre ha dolore cronico. Questo ha in parte influenzato la scelta del mio campo di ricerca. Mia madre ha una di quelle malattie - di cui la più nota è probabilmente la fibromialgia - in cui il paziente non ha sintomi fisici, o non ne ha più, ma il dolore persiste. Queste patologie venivano spesso descritte come legate solo “alla testa” e anche in famiglia si tendeva a pensare che fosse solo una questione di immaginazione. Oggi sappiamo che queste malattie causano cambiamenti nel sistema nervoso, e spesso anche in altri organi, anche se non vengono percepiti visivamente. In passato a rafforzare questi pregiudizi contribuiva il fatto che fino a circa vent'anni fa il mondo della medicina era fortemente dominato dagli uomini, mentre queste malattie si manifestano più spesso nelle donne, anche per questo motivo non è stata data loro molta importanza. Nel fumetto volevamo sottolineare anche questo aspetto e Marco ci è riuscito bene scegliendo una protagonista femminile.
Una calciatrice combattiva, per niente timorosa quando si tratta del pallone...
Marco Tabilio: Raccontare la storia attraverso una squadra di calcio femminile è stato molto divertente, da un lato perché per me era un soggetto nuovo da disegnare (...per ispirarmi sono andato a rivedere le puntate di Holly e Benji della mia infanzia!), dall'altro è sempre interessante scompigliare le aspettative: il calcio femminile suona ancora oggi come una cosa piuttosto insolita, ma per fortuna le cose stanno cambiando. Mi pare interessante orientare la prospettiva sulle donne, dato che per anni l'esperienza del dolore femminile è stata incompresa e minimizzata; e dato che ancora oggi risuona l'odioso luogo comune: "Sopporta, non fare la femminuccia".
Spesso non è facile trovare le parole giuste per descrivere il dolore.
Larissa de Clauser
Il fumetto punta a favorire la comprensione delle persone che soffrono di dolore cronico – e anche la curiosità per la ricerca?
Larissa de Clauser: Nella storia non è in primo piano ma era sicuramente uno degli obiettivi: mostrare che sappiamo molte cose solo perché c’è stato, e ancora continua, un lavoro di ricerca su di esse.
Marco Tabilio: La ricerca sul dolore non ha avuto finora un posto di rilievo nel nostro mondo immaginario: quando si pensa allo scienziato classico, vengono in mente altri tipi di ricerca. Al momento, naturalmente, la ricerca sui virus è oggetto di molte rappresentazioni.
Larissa de Clauser: Ma oggi la ricerca sul dolore sta tornando in voga e sempre più ricercatori e ricercatrici si dedicano a questa tematica. Penso che il fumetto possa suscitare interesse, soprattutto tra le giovani generazioni che magari hanno qualcuno in famiglia o tra i conoscenti che ha dolore cronico. E non è così improbabile: già oggi una persona su cinque in tutto il mondo ha questa forma di dolore; e con una popolazione sempre più anziana, questa percentuale è destinata ad aumentare.
Di recente avete presentato il fumetto a Bolzano e avete chiesto alle persone interessate di disegnare un’immagine del loro dolore, Marco Tabilio: è stata una sua idea?
Marco Tabilio: No, ma mi ha emozionato subito!
Larissa de Clauser: Il contesto è questo: quando proviamo dolore, spesso non è facile trovare le parole giuste per descriverlo - soprattutto per i bambini che hanno un linguaggio più limitato. Per questo motivo, in un progetto condotto in Inghilterra un gruppo di ricercatori e artisti si è confrontato con pazienti con dolore cronico e ha realizzato circa 50 disegni che rappresentano diversi tipi di dolore. Questi disegni sono stati poi utilizzati da un altro gruppo di persone descrivere il loro dolore.
Avete in mente l'immagine di un dolore che conoscete bene?
Larissa de Clauser: Ho spesso le mani e i piedi freddi. In inverno mi succede di dimenticarmi i guanti quando vado in bicicletta. All’inizio mi viene una sensazione di freddo, talvolta poi non riesco più a sentire niente e poi le mani iniziano a bruciare. Il meccanismo preciso non è ancora stato identificato dalla scienza. Ma potrebbe avere a che fare con il fatto che abbiamo neuroni sensoriali che riconoscono più tipi di stimoli diversi (per esempio il caldo e il freddo), o con il fatto che nel sistema nervoso centrale le stesse cellule trasmettono in parte stimoli freddi e in parte caldi.
Marco Tabilio: Un dolore che mi perseguita è quello dell'unghia incarnita: un folletto malvagio che mi pianta un chiodo sottile nell'alluce!
AHIA! Un fumetto sul dolore
Autrice e autore:
Larissa de Clauser, Istituto di biomedicina di Eurac Research
Marco Tabilio, disegnatore
Questo fumetto è stato realizzato nell’ambito di un progetto finanziato dal programma “Seal of Excellence” della Provincia autonoma di Bolzano.