Sfruttare le caratteristiche della terra poco sotto i nostri piedi per riscaldare e raffrescare abitazioni, uffici e supermercati, aziende. È questa l’idea alla base della geotermia a bassa temperatura, una soluzione energetica ancora di nicchia che ha però le potenzialità per diffondersi in tutto l’arco alpino.
Ce ne parla Valentina D’Alonzo, esperta dell’Istituto per le energie rinnovabili di Eurac Research, che ha discusso la sua tesi di dottorato e lavorato su un progetto europeo sull’argomento: l’obiettivo è stato quello di creare gli strumenti giusti per supportare la diffusione di impianti che utilizzino questa fonte rinnovabile.
Iniziamo dai fondamenti: che cosa si intende per geotermia a bassa temperatura?
D’Alonzo: La geotermia a bassa temperatura sfrutta una caratteristica preziosa del sottosuolo: la temperatura costante. Basta scavare sotto i nostri piedi, anche solo di un centinaio di metri, e si accede infatti a un luogo dove la temperatura rimane sempre la stessa, tutto l’anno e a ogni ora del giorno, a una data profondità. È per questo che il sottosuolo può diventare una fonte di energia molto vantaggiosa: d’inverno la terra è più calda rispetto alle condizioni che troviamo in superficie e permette quindi di riscaldare gli ambienti, d’estate succede l’esatto contrario…
Come funzionano gli impianti che sfruttano questa particolare situazione?
D’Alonzo: Si installano delle sonde nel sottosuolo. Non bisogna raggiungere grandi profondità, si parla di una distanza dalla superficie che va dai 100 ai 200 metri. Questa sonda è una sorta di tubo all’interno del quale scorrono acqua o liquidi pensati appositamente per questo scopo. Dal lato dell’edificio, le sonde sono collegate a una pompa di calore che quindi può sfruttare la temperatura del sottosuolo per riscaldare o raffrescare gli ambienti attraverso radiatori, fan coil, sistemi a pavimento o altre soluzioni.
Quindi è qualcosa di completamente differente da quello che ci immaginiamo quando si parla solitamente di geotermia…
D’Alonzo: Esatto! Se nominiamo la geotermia, pensiamo subito alle enormi centrali islandesi che sfruttano particolari fonti geotermiche collegate ad esempio a fenomeni vulcanici che riscaldano l’acqua nel sottosuolo. In questo caso si parla di profondità molto maggiori — fino a 2000 metri sotto la superficie terrestre —, di impianti enormi e soprattutto collegati a fenomeni particolari, più o meno rari su un determinato territorio. Potenzialmente invece la geotermia a bassa temperatura è utilizzabile in qualsiasi luogo della terra — dico “potenzialmente” perché comunque ci sono terreni più favorevoli all’utilizzo di questa fonte. Si parla poi di impianti di dimensioni ridotte e invisibili dall’esterno, oltre che di profondità molto minori.
Basta scavare anche solo di un centinaio di metri, e si accede a un luogo dove la temperatura rimane sempre la stessa.
Valentina D'Alonzo
Da chi possono essere usati questi impianti geotermici a bassa temperatura?
D’Alonzo: Si utilizzano sia in ambito residenziale, quindi per riscaldare e raffrescare la propria abitazione, sia in ambito commerciale e aziendale. Sono sistemi adatti anche a chi ha una domanda energetica alta: quindi pensiamo a supermercati o piccole industrie.
Perché questa tecnologia è rimasta ancora di nicchia rispetto ad altri sistemi che sfruttano le energie rinnovabili? Pensiamo al fotovoltaico o all’eolico…
D’Alonzo: Come sempre, ci sono dei vantaggi e degli svantaggi in questo tipo di soluzione. È una tecnologia che utilizza una fonte rinnovabile presente potenzialmente dappertutto, dal punto di vista estetico ha molto meno impatto rispetto a dei pannelli fotovoltaici o a delle pale eoliche: dall’esterno infatti come dicevo non è visibile. Inoltre, una volta installato è un sistema che potenzialmente dura per decenni. Dalla parte degli svantaggi c’è l’alto costo dell’investimento iniziale. Questo scoglio, in mancanza di incentivi adeguati, blocca la diffusione di questa tecnologia. Basti pensare che i paesi in cui questo tipo di soluzioni energetiche sono più usate – come la Svezia o la Svizzera – sono quelli in cui sono stati disposti incentivi ad hoc. Per questo all’interno del progetto INTERREG Spazio Alpino GRETA abbiamo lavorato in un consorzio europeo per trovare soluzioni che possano incentivare gli utenti, ma anche le amministrazioni, alla diffusione di questa tecnologia. In generale, si è provveduto a diffondere informazioni sulla geotermia a bassa temperatura e sul suo potenziale nell’arco alpino. Noi di Eurac Research abbiamo poi sviluppato due strumenti, gratuiti e liberamente consultabili online, per capire le aree con maggior potenziale per l’utilizzo di questa soluzione e per aiutare gli utenti a calcolarne i costi di avviamento.
Webtool
Il webtool permette all’utente di calcolare la quantità di potenza ed energia geotermica che può essere estratta dal terreno in un determinato luogo. Inoltre permette di “simulare” il singolo impianto geotermico a servizio di un edificio per capire se conviene, e in che misura, realizzare un impianto geotermico a bassa temperatura nella propria abitazione, azienda o struttura commerciale. Il webtool è accessibile all’indirizzo: https://tools.greta.eurac.edu/
Webgis
tramite il webgis è possibile capire, all’interno dell’arco alpino, dove conviene di più sostituire gli impianti “tradizionali” a gas metano o a gasolio con impianti che sfruttano la geotermia a bassa temperatura. Le mappe mostrano il potenziale geotermico, stimano la domanda termica degli edifici e i costi di installazione degli impianti incrociando dati come il costo della tecnologia, della trivellazione, delle pompe di calore e facendo un confronto finale con soluzioni alternative in termini di impegno economico e abbattimento delle emissioni di CO2. Le mappe sono dettagliate nelle aree pilota che hanno interessato il progetto: la Val D’Aosta e in regioni di Francia, Germania, Austria e Slovenia. Il webgis è accessibile all’indirizzo: http://greta.eurac.edu/
About the Interviewed
Valentina D’Alonzo è ricercatrice presso Eurac Research dal 2014, qui si occupa di pianificazione energetica e delle analisi spaziali a supporto dei decision-makers. Nel 2019 ha ottenuto il titolo di dottore di ricerca presso l’Università di Trento con una tesi sulla geotermia a bassa temperatura dal titolo "A Spatial Decision Support System for thermal energy planning at the regional scale”.