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Le cose da sapere sull’aria che respiriamo nelle nostre case
Come monitorarla, come migliorarla
Lo abbiamo imparato grazie alla pandemia: una buona ventilazione riduce i rischi di contagio da virus e migliora in generale la vita nelle nostre case. Il punto è capire come valutare scientificamente la qualità dell’aria indoor e suggerire strategie per renderla più salubre e confortevole.
In oltre due anni di pandemia abbiamo imparato ad arieggiare di più la nostra casa e abbiamo pensato più di prima a cosa c’è nell’aria che respiriamo.
In verità, i virus non sono che uno degli elementi che possono contaminare l’aria negli ambienti interni. Sono in buona compagnia di batteri e altre particelle di origine naturale come pollini, polveri o muffe. A queste si aggiungono i particolati, cioè minuscole particelle prodotte dalle attività umane (industria, traffico, combustioni varie), e i cosiddetti “componenti organici volatili” (spesso indicati con l’acronimo inglese VOC), cioè sostanze chimiche che possono provenire per esempio da vernici o solventi, prodotti per la pulizia, colle usate in mobili e i pavimenti.
Non da ultima bisogna ricordare l’anidride carbonica (CO2): sempre presente naturalmente nell’aria esterna, viene anche prodotta dalle persone quando respirano. Raramente è presente in concentrazioni pericolose nella case, ma spesso viene utilizzata come parametro per misurare quanto sia buona in generale la ventilazione.
Secondo una stima della Organizzazione mondiale della sanità, Covid a parte, il 23 per cento dei decessi nel mondo è legato alla permanenza in ambienti malsani.
Nella maggior parte dei casi queste sostanze, anche se presenti, non hanno un impatto immediato sulla salute, ma alla lunga possono generare danni anche rilevati. Secondo una stima della Organizzazione mondiale della sanità, Covid a parte, il 23 per cento dei decessi nel mondo è legato alla permanenza in ambienti malsani.
Come misurare quando l’aria in casa diventa cattiva
Su internet con una settantina di euro si può acquistare un misuratore di CO2 e con un paio di centinaia di euro un monitor multifunzione che, oltre alla CO2, misura altre sostanze come la formaldeide sostanza cancerogena contenuta in prodotti come disinfettanti, resine e colle. Questi strumenti promettono misurazioni veloci e letture facili, ma potrebbero trarre in inganno.
“Purtroppo, anche se acquistassimo molti di questi apparecchi, l’interpretazione dei dati misurati non è banale ed è opportuno avere il supporto di esperti”, spiega Francesco Babich, ingegnere e ricercatore senior che in Eurac Research si occupa di qualità ambientale interna, cioè l’insieme di qualità dell’aria interna, comfort termico, acustico e visivo negli edifici. “Non basta infatti controllare che i valori misurati restino entro una certa soglia; bisogna considerare diverse cose fra cui l’insieme degli inquinanti e il contesto, e anche sapere dove sono state prese queste soglie. Quasi sempre i misuratori economici riportano delle soglie numeriche ma spesso non spiegano come le hanno prese. Perché, per esempio, si fissano 1000ppm o 1200ppm di CO2? Dove hanno preso i numeri che riportano nelle istruzioni? Purtroppo quasi mai usano norme come la EN16798 o analoghe, ma numeri random”.
Bisogna poi tener conto non solo della concentrazione degli inquinanti, ma anche del tempo di esposizione.
Per esempio, il monossido di carbonio (CO) è tristemente noto per la sua pericolosità: bastano infatti pochi minuti di esposizione, per esempio a causa di una stufa malfunzionante, per provocare potenzialmente la morte. Se invece l’anidride carbonica di notte, in camera da letto, sale anche al doppio dei valori indicati negli standard è ancora accettabile e non comporta rischi in alcun modo comparabili con l’esposizione al monossido di carbonio. La norma di riferimento in Italia ed Europa (EN 16798-1) indica per esempio quattro livelli di qualità dell’aria in base alla CO2: l’uno è il migliore e il due è l’obiettivo che dovrebbero porsi gli edifici residenziali. La stessa norma aggiunge però che “un livello più basso non comporterà alcun rischio per la salute, ma potrebbe diminuire il comfort”.
“Il comfort in uno spazio chiuso è anche questione di percezione soggettiva.”
Francesco Babich
“Infine non dobbiamo dimenticare che il comfort in uno spazio chiuso è anche questione di percezione soggettiva”, precisa Babich. “Può essere che non vi siano inquinanti presenti in concentrazioni pericolose né a breve né a lungo termine, ma che l’aria venga comunque percepita come viziata, magari a causa di odori o dell’umidità troppo alta o troppo bassa”. C’è comunque una normativa americana che dà una chiara definizione di qualità dell’aria interna: è lo standard ASHRAE 62 per cui è buona “l’aria in cui non sono presenti contaminanti noti a concentrazioni nocive in base a quanto determinato dalle autorità competenti e con cui una larga maggioranza (80 per cento o più) delle persone esposte non esprime insoddisfazione”.
Le sostanze inquinanti più ricorrenti sono sette
L’IEA-EBC Annex 68 ha analizzato una ampia mole di dati raccolti tra il 2006 e il 2016 in edifici residenziali in Europa e non solo. Le sostanze inquinanti più ricorrenti sono sette: benzene, formaldeide, PM2.5 e PM10 (particolati di diversa misura), radon, tricloretilene, anidride carbonica, TVOC (componenti organici volatili totali). Questa tabella presenta la loro fonte principale e gli effetti sulla salute.
È utile comprare un purificatore o basta aprire le finestre?
Le soluzioni per migliorare la qualità dell’aria che respiriamo negli ambienti interni sono diverse e spesso nessuna è la panacea di ogni problema.
In generale la prima cosa è cercare di rimuove la fonte, poi si lavora sulla ventilazione – che può essere meccanica, naturale o mista – per immettere aria pulita e infine si può valutare l’uso di purificatori, che comunque sono tanti e diversi tra loro.
In alcuni casi conviene ripensare la disposizione dei mobili: se si sospetta che uno scaffale di bassa qualità sia fonte di formaldeide e non è possibile sostituirlo, è meglio che almeno non sia in un punto dove viene colpito tante ore dai raggi del sole.
Prima di tutto bisogna tenere a mente che i purificatori non rimuovono tutti gli inquinanti dell’aria. È quindi molto importante sapere quali inquinati sono presenti in concentrazioni troppo alte e poi scegliere, se esiste, il purificatore giusto, anche in base alla dimensione della stanza. Bisogna poi considerare che ci sono purificatori meccanici, che usano per esempio i filtri HEPA, e purificatori che usano invece soluzioni diverse come ionizzatori e ozono. In generale sono da preferire quelli meccanici. Gli altri potrebbero abbassare il livello di un certo inquinante, ma allo stesso tempo generarne di nuovi.
Ma prima ancora di pensare ai purificatori, ci sono alcune semplici e valide azioni che riguardano il comportamento di chi vive in casa: evitare di fumare al chiuso, accendere le cappe aspiranti quando si cucina, arieggiare la casa in modo adeguato (per esempio se avete molti ospiti, meglio aumentare un pochino la ventilazione meccanica o aprire un po’ di più le finestre), e preferire arredi a basse emissioni. Ormai molti produttori forniscono certificazioni su questi aspetti. In alcuni casi conviene ragionare anche sulla disposizione dei mobili: se si sospetta che uno scaffale di bassa qualità sia fonte di formaldeide e non è possibile sostituirlo, è meglio che almeno non sia in un punto dove viene colpito tante ore dai raggi del sole perché questo lo scalderebbe aumentando l’emissione di sostanze nocive.
Altre soluzioni riguardano la progettazione della casa.
Le case più vecchie hanno spesso spifferi che sono un problema dal punto di vista energetico, ma fanno circolare più aria. Questo può aiutare a smaltire inquinati generati all’interno, anche se comunque non è una buona soluzione, perché non si ha controllo sulle infiltrazioni, che possono variare anche di molto. Le case più nuove sono di solito ottimizzate per risparmiare energia e sono per questo più ermetiche. In questo caso entra in gioco il motto inglese “build tight, ventilate right” che significa “costruisci ermetico, ventila il giusto”.
“Risparmiare energia è indispensabile, ma non basta”, spiega Roberto Lollini, ingegnere e coordinatore del gruppo di ricerca che in Eurac Research si occupa di efficienza energetica degli edifici. “Nelle case bisogna stare bene, e la nostra ricerca da qualche tempo si impegna a combinare queste due dimensioni”.
I progetti di ricerca dell’Istituto per le energie rinnovabili
New Air
Lo scopo del progetto finanziato dalla Provincia autonoma di Bolzano attraverso il Fondo FESR e coordinato dall’Istituto per le energie rinnovabili di Eurac Research mette a sistema aziende (Eurotherm ed Enetec) ed enti di ricerca che operano nel settore della qualità e controllo dell'ambiente costruito, per definire nuovi approcci e tecnologie che migliorino la salubrità degli ambienti indoor e il comfort termico riducendo i consumi energetici.
Il progetto prevede nel 2022, fra le altre cose, dei test su finestre e ventilazione naturale nel Laboratorio sull'interazione dei sistemi di facciata e l'ambiente interno.
Qui trovi maggiori informazioni sul progetto.
QAES Partendo dal monitoraggio di 12 edifici scolastici in Alto Adige e Canton Ticino, il progetto, finanziato dal programma europeo Interreg Italia-Svizzera, ha affrontato il problema della scarsa qualità dell’aria e dell’ambiente interno negli edifici scolastici. Il progetto ha permesso di sviluppare nuovi standard per il miglioramento della qualità dell’aria e dell’ambiente interno nelle scuole, di valutare soluzioni tecnologiche, di realizzare semplici strumenti di autovalutazione e di sviluppare sistemi di monitoraggio. Qui trovi maggiori informazioni sul progetto