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Rischi climatici: l'Europa non è pronta
Un team di ricerca di Eurac Research ha svolto un ruolo chiave nell’analisi svolta su incarico della Commissione europea
L’Europa si sta riscaldando più velocemente degli altri continenti con conseguenze in alcuni casi catastrofiche. La prima analisi dei rischi climatici condotta dall’Agenzia europea dell’ambiente su incarico della Commissione europea illustra i possibili impatti futuri sull’ambiente, la società e l’economia europee. L’analisi, alla quale un team di Eurac Research ha dato un contributo rilevante, descrive i pericoli imminenti e i fattori che ci rendono più vulnerabili. E mostra alla Commissione europea dove è necessario intervenire con urgenza per limitare i danni.
L’analisi sistematica ha identificato 36 rischi climatici con conseguenze potenzialmente gravi per tutta l’Europa, classificati nelle aree degli ecosistemi, della sicurezza alimentare, della salute, delle infrastrutture, dell’economia e della finanza. Lo studio identifica la necessità di agire in relazione a 20 rischi e ne classifica otto come urgenti, tra cui lo stress da calore, la distruzione degli ecosistemi marini e costieri e le inondazioni.
L’entità dei rischi dipende non solo dagli impatti climatici come siccità, caldo e forti precipitazioni, come sottolinea il rapporto, ma anche da fattori non climatici. “Le alluvioni in Emilia Romagna ne sono un chiaro esempio: la regione è fortemente edificata e il suolo è impermeabile, il che rende difficile l’infiltrazione dell’acqua, inoltre, molte infrastrutture sono obsolete. Fattori non climatici come eccessivo consumo di suolo, infrastrutture precarie, disuguaglianze sociali, inquinamento, cattiva gestione delle acque, sistemi sanitari sovraccarichi e molto altro possono aumentare notevolmente i rischi; d’altro canto, questo significa che le giuste misure di adattamento possono ridurre significativamente il rischio, anche se la pericolosità resta invariata”, spiega il climatologo Marc Zebisch, direttore del Center for Climate Change and Transformation, che insieme a un team interdisciplinare di Eurac Research ha svolto un ruolo chiave nello studio. Zebisch e i suoi colleghi e colleghe di ricerca hanno sviluppato anche il concetto di valutazione del rischio su cui si basa l’analisi e che consiste nel considerare le catene di impatto, cioè tutti gli effetti e le loro interazioni in modo da ottenere un quadro veramente completo. Questo metodo è già stato utilizzato negli ultimi anni nelle valutazioni del rischio climatico in numerosi paesi del mondo.
Molte catene di impatto iniziano con impatti climatici su ecosistemi già compromessi dalle attività umane, che a loro volta intensificano l’impatto climatico. Questi effetti possono poi continuare a cascata fino a colpire intere società e a diffondersi in altre regioni o paesi. Ad esempio gli ecosistemi marini, già indeboliti dall’inquinamento e dalla sovrapesca, possono risentire del riscaldamento globale a tal punto da compromettere gravemente il settore ittico, con conseguenze sulla sicurezza alimentare, sui posti di lavoro e su interi sistemi economici locali o regionali. “Un messaggio chiave del rapporto è quindi: proteggiamo e manteniamo la funzionalità degli ecosistemi!”, afferma Zebisch, che attualmente sta lavorando con un gruppo di ricerca a un’analisi del rischio climatico e a una strategia di adattamento analoga per l’Alto Adige. Altri impatti climatici diretti che portano a cascate di rischio di rilevanza europea sono gli impatti climatici sulla salute umana e sulle infrastrutture critiche.
La valutazione del rischio climatico europeo è disponibile online sia in forma ridotta che integrale: https://www.eea.europa.eu/publications/european-climate-risk-assessment