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Scommettiamo sulle sonde a raggi cosmici

Aumentano le tecnologie in uso, anche sulle Alpi, per proteggersi dalla siccità

Credit: www.nasa.gov | All rights reserved
by Valentina Bergonzi

Le sonde a raggi cosmici vengono sempre più diffusamente usate per monitorare l’umidità del suolo e per stimare la quantità d’acqua sottoforma di neve disponibile in montagna. In una ricerca congiunta con l’Università di Innsbruck abbiamo sommato i vantaggi di questa tecnologia con quelli delle immagini satellitari. Come funzionano le sonde a raggi cosmici? Quali sono i vantaggi? Quali sono le peculiarità in una regione di montagna?

Che cosa sono i raggi cosmici?

Breve ripasso di fisica: i raggi cosmici sono particelle di energia che arrivano dallo spazio, “bucano” l’atmosfera e colpiscono la Terra. Per averle scoperte, Victor Hess ha vinto un premio Nobel nel 1936; nei decenni precedenti il fisico tedesco non si era dato pace finché non aveva trovato una spiegazione per queste radiazioni particolari che aveva registrato nell’ambiente.
Durante il loro viaggio i raggi cosmici interagiscono con ciò che incontrano per strada e producono neutroni ad alta energia che arrivano a toccare il suolo prima di schizzare indietro verso l’atmosfera. I neutroni che, a terra, si scontrano con atomi di idrogeno tornano indietro più deboli, con decisamente meno energia di quella che avevano nel viaggio di andata.

Credit: A. Chantelauze/S. Staffi/L. Bret | All rights reserved

E siccome gli atomi di idrogeno a terra si trovano principalmente nell’acqua, in qualche cervello a un certo punto si è accesa una lampadina: e se misurassimo i neutroni “di ritorno” per derivare informazioni sulla presenza di acqua nel suolo? Più è umido il terreno, meno energia tornerà verso lo spazio…

I raggi cosmici per misurare l’umidità del suolo e regolare l’irrigazione

Le sonde che misurano i neutroni dei raggi cosmici vicino alla superficie terrestre (Cosmic Ray Neutron Sensors, CRNS) non sono una novità assoluta dal punto di vista tecnologico; il loro impiego però si sta espandendo. Anche la FAO ne caldeggia l’uso per ottimizzare l’irrigazione e risparmiare acqua perché sono un ottimo compromesso: rispetto alle misurazioni puntuali a terra danno informazioni su una superficie maggiore e rispetto alle immagini satellitari sono più precise.

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La FAO caldeggia l’uso di sonde a raggi cosmici per ottimizzare l’irrigazione e risparmiare acqua

I raggi cosmici in montagna

Nelle aree di montagna le sonde che misurano i neutroni dei raggi cosmici (Cosmic Ray Neutron Sensors, CRNS) hanno un vantaggio aggiuntivo: “Ci sono luoghi, specialmente in alta quota, dove è difficile se non impossibile accedere per impiantare una stazione di misurazione usando altre tecnologie. Con un raggio di azione di circa 200-250 metri, le sonde a raggi cosmici rappresentano una ottima soluzione”, spiega Paul Schattan, geografo dell’Università di Innsbruck.

Nella cornice del progetto ACR-Water, Schattan e un team di Eurac Research hanno combinato la tecnologia a raggi cosmici con le immagini satellitari per misurare un dato tanto importante quanto difficile da ricavare: l’equivalente di acqua in neve, cioè quanta acqua sia disponibile sottoforma di neve.
Là dove non arrivano le immagini satellitari possono infatti aiutare i raggi cosmici. Schattan ha scritto le righe di codice che servono per ricavare, dai dati sui neutroni “rimbalzati” dalle molecole di idrogeno, i dati sulla quantità di neve presente al suolo e, di conseguenza, la quantità di acqua che in primavera si scoglie e scivola a valle. “Grazie alle informazioni derivate dalle sonde installate in Tirolo abbiamo già potuto migliorare il modello che prevede le piene del fiume Inn e nell’agosto del 2023 abbiamo stimato il livello di saturazione del terreno con il fine di prevedere eventuali alluvioni”, spiega.
Per il progetto ACR-Water ai dati delle sonde tirolesi si sono aggiunti anche quelli della sonda di Eurac Research, posizionata a Corvara, in val Badia.

La sonda che misura i neutroni dei raggi cosmici (Cosmic Ray Neutron Sensors, CRNS) a Corvara, val Badia. S) probe in Corvara, South Tyrol.Credit: Eurac Research | Andrea Vianello

Le immagini satellitari ad alta risoluzione si sono rivelate un supporto indispensabile per completare il quadro e fornire un ulteriore supporto al modello idrologico della regione.
Il team di ricerca di Eurac Research ha fatto quella che nel gergo tecnico del telerilevamento si chiama “classificazione dell’immagine”, cioè ha elaborato delle immagini satellitari per creare mappe sempre più accurate.
“A partire da dati provenienti dal satellite Sentinel 2 , abbiamo sviluppato un algoritmo che classificasse l’immagine fornendo una mappa di snow cover fraction, ovvero una mappa in cui, a ogni pixel dell’immagine, corrispondesse la percentuale di area coperta da neve”, spiegano i portavoce del team Ludovica De Gregorio e Giovanni Cuozzo, di Eurac Research. “L’algoritmo usato è basato su tecniche di intelligenza artificiale e “addestrando” il modello abbiamo migliorato la stima di snow cover fraction rispetto al prodotto di riferimento Copernicus, cioè la mappa realizzata dal programma di osservazione della Terra della Unione europea, usato come confronto.”

altCredit: Copernicus Sentinel data 2020, processed by Eurac Research apart from the image on the right processed and provided by Copernicus Land Monitoring Service

A sinistra: una immagine ottica, pur con colori falsati, dell’area del Tirolo e Alto Adige inviata dal satellite Sentinel 2 (immagine ottica significa che è stata catturata da sensori ottici, cioè con una tecnologia simile a quella delle macchine fotografiche anche se ovviamente più sofisticati. L’altra grande famiglia è quella dei sensori radar). Questa è l’immagine di partenza. Al centro: l’immagine classificata dal team di Eurac Research. In giallo i valori di snow cover fraction, cioè le aree coperte da neve. A destra: la mappa elaborata dal programma di osservazione della Terra dell’Unione europea Copernicus, presa come riferimento. Dal confronto si nota come il prodotto Copernicus sottostimi le aree in ombra (parti più scure della prima immagine) riportandole come prive di neve. L’algoritmo sviluppato da Eurac Research riesce bene a rilevare la presenza di neve anche nelle zone in ombra”.

Per verificare la validità e la bontà della mappa generata sono state poi usate delle immagini ad altissima risoluzione spaziale (circa due metri), anch’esse classificate e usate come confronto, cioè per verificare “a vista” dove ci fosse effettivamente neve. Le immagini ad altissima risoluzione provengono dal satellite WorldView.

altCredit: DigitalGlobe, Inc. (2020), provided by European Space Imaging | All rights reserved

Immagine satellitare ad alta risoluzione, con versione classificata a destra. L’immagine è stata acquisita il 27 novembre del 2020 nell’area di test attorno al rifugio Dresdner, vicino al ghiacciaio dello Stubai, in Tirolo.

Il team di ricerca ha usato le immagini satellitari anche come supporto per stimare l’entità dell’umidità al suolo, in particolare ha scelto immagini a microonde Sentinel-1 e ottiche Landsat-8 anch’esse classificate con algoritmi basati su intelligenza artificiale.

altCredit: Image obtained processing data available on Google Earth Engine | All rights reserved

Mappa di umidità al suolo del 18 settembre2021. Il blu a diverse intensità mostra l’umidità del terreno. I contorni rossi delimitano il Tirolo del Nord, l’Alto Adige e il Tirolo orientale. Si nota come nelle valli più occidentali e la Bassa Atesina, fatta eccezione per la linea del fiume Isarco, prevalgano i colori chiari, corrispondenti ad aree più asciutte.

“Il mondo della ricerca e anche le amministrazioni pubbliche stanno investendo sempre più in queste forme di monitoraggio ibride e sulle sonde a raggi cosmici per sorvegliare meglio le risorse naturali del territorio”, spiegano De Gregorio e Cuozzo. “Inoltre, le nostre mappe, grazie alla loro capacità di visualizzare ad alta risoluzione le caratteristiche topografiche del terreno saranno utili anche per scegliere il posto ideale dove posizionare i sensori”.

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