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“Solo uno su 20 sa di avere una malattia cronica ai reni”

I reni sono gli organi che filtrano il sangue eliminando le sostanze di scarto attraverso l’urina. La loro funzionalità può essere compromessa da virus, batteri e malattie acute, ma anche dall’invecchiamento e da altri fattori di rischio come ipertensione, diabete e obesità. Lo studio della malattia renale cronica, che in gergo si chiama CKD, dall’inglese Chronic Kidney Disease, è una linea di ricerca di lungo corso dell’Istituto di biomedicina di Eurac Research.

Recentemente, l’Istituto ha indagato lo stato di salute dei reni di oltre 11.000 persone che hanno partecipato allo studio CHRIS, uno studio epidemiologico avviato in val Venosta in collaborazione con l’Azienda sanitaria dell’Alto Adige nel 2011, con lo scopo di comprendere l’insorgenza e lo sviluppo delle malattie croniche associate all’invecchiamento. Giulia Barbieri è la ricercatrice che se ne è occupata.

Giulia Barbieri, nel vostro studio avete analizzato sia campioni di sangue e di urine, sia le risposte a un questionario in cui i partecipanti riportavano le diagnosi ricevute in passato, e vi siete resi conto di quante persone non fossero consapevoli di avere problemi ai reni.

Giulia Barbieri: Esatto, le nostre analisi hanno evidenziato che il 15% della popolazione venostana ha o ha avuto almeno una malattia ai reni nella vita, incluse infezioni, calcoli, infiammazioni e malattie genetiche. La malattia renale cronica è presente nel 9% della popolazione. Questi dati sono in linea con i valori degli altri paesi europei. La cosa che ci ha stupito è un’altra: solo una persona su 20 con valori da malattia renale cronica era consapevole di esserne affetta. Nemmeno in presenza di una diagnosi di diabete o ipertensione, che spesso accompagnano la malattia renale cronica, le persone riportavano di aver avuto diagnosi di insufficienza renale.

 

Come è possibile?

Barbieri: Ci sono varie risposte. La malattia renale cronica passa spesso inosservata perché asintomatica nelle fasi iniziali, e non esistono campagne di screening. È anche percepita come secondaria rispetto a patologie più note a cui è strettamente legata, anche a causa di un’attenzione istituzionale tardiva. Sul fronte medico, nei pazienti anziani, viene spesso considerata come parte di un quadro complesso di altre patologie, e, data la scarsità di terapie efficaci, riceve meno attenzione per evitare allarmismi. Inoltre, il personale infermieristico ci ha riferito che molti partecipanti, soprattutto anziani con più patologie, tendono a riportare solo le condizioni che ritengono più rilevanti, spesso legate ai farmaci che assumono.

 

Quali sono i rischi della scarsa consapevolezza rispetto all’insufficienza renale?

Barbieri: La malattia renale cronica aumenta il rischio cardiovascolare e il rischio di mortalità generale, come dimostrano altre ricerche che stiamo conducendo. Inoltre, a causa dell’assenza di sintomi, spesso la persona se ne accorge solo quando le complicanze sono serie e irreversibili. Nei casi estremi si va incontro a dialisi o trapianto.

 

Ma se non ci sono terapie, non si rischia di fare allarmismo?

Barbieri: Ci sono alcune terapie, ma siamo agli inizi, e poi ci sono comportamenti virtuosi per prendersi cura dei propri reni. Le nostre ricerche mostrano per esempio come una dieta con alto consumo di cereali, frutta e verdura e un basso consumo di carne processata riduca significativamente il rischio di insufficienza renale. Al contrario una dieta con molti latticini, pesce e carni di vario tipo è collegata a una funzionalità renale peggiore.

 

Cosa avete consigliato di fare ai partecipanti CHRIS?

Barbieri: Tutti i partecipanti CHRIS hanno ricevuto i risultati delle loro analisi, con l’invito a rivolgersi al medico di famiglia in caso di parametri alterati. Poi nel tempo abbiamo organizzato degli eventi divulgativi con i medici della valle per condividere con loro le nostre conclusioni e capire insieme come poter sensibilizzare la popolazione.

Giulia Barbieri


Giulia Barbieri ha studiato biostatistica all’Università di Padova e sta concludendo il suo dottorato tra l’Istituto di biomedicina di Eurac Research e l’Università di Verona. Grazie a un finanziamento della Provincia, nella cornice del piano strategico dedicato alla medicina di precisione e alla dieta personalizzata, il prossimo anno sarà in Danimarca per approfondire i suoi studi. È appassionata di pattinaggio in linea, anche se da quando vive in Alto Adige ha sostituito le rotelle con le lame da ghiaccio.

Questa intervista è stata pubblicata sul quotidiano Alto Adige il giorno 3 gennaio 2025.

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