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I falò della libertà nelle valli valdesi: festa civile per ripensare la cittadinanza

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I falò della libertà nelle valli valdesi: festa civile per ripensare la cittadinanza
Una comunità in festa: i falò delle valli valdesiCredit: Eurac Research | Elisa Piras

Ogni anno verso la metà di febbraio in Val Pellice, Val Chisone e Val Germanasca, nei pressi di Pinerolo, in provincia di Torino, è possibile assistere a una serie di manifestazioni che culminano nella realizzazione di fiaccolate e nell’accensione di grandi falò. Non si tratta solamente di espressioni di folklore di una popolazione alpina, ma di momenti di riflessione sulla storia della comunità politica italiana e sulla travagliata e mai conclusa definizione della cittadinanza.

Con la ricorrenza del 17 febbraio, fondamentale per le circa 30 mila persone che in Italia appartengono alla minoranza religiosa valdese, la metà delle quali è basata nel pinerolese, si commemora la fine di un lungo periodo di discriminazione e persecuzioni e l’avvio di un processo di acquisizione della piena cittadinanza. Si tratta di una data importante sia per la comunità valdese sia per la storia italiana. Infatti, il 17 febbraio 1848 il sovrano del Regno di Sardegna, Carlo Alberto, con la pubblicazione delle Lettere Patenti stabiliva per la prima volta l’estensione ai valdesi dei diritti civili e politici: “I Valdesi sono ammessi a godere di tutti i diritti civili e politici de’ Nostri sudditi; a frequentare le scuole dentro e fuori delle Università, ed a conseguire i gradi accademici. Nulla è però innovato quanto all’esercizio del loro culto ed alle scuole da essi dirette”. Sebbene non abbia stabilito la libertà di religione, si può dire che la pubblicazione delle Lettere Patenti abbia segnato un momento storico per l’affermazione di questo principio: l’apertura ai valdesi, sostenuta da esponenti di spicco della cultura e della politica sabauda particolarmente sensibili alla varietà di confessioni religiose che caratterizzava il Piemonte, fu un primo passo, al quale sarebbe seguito il Regio Decreto del 29 marzo 1848 che riconosceva pari diritti civili anche ai cittadini del Regno di Sardegna di religione ebraica. Tuttavia, se si legge lo Statuto albertino, emanato il 4 marzo 1848, si può facilmente notare che la politica sabauda è improntata alla tolleranza e non al riconoscimento dell’uguaglianza dei diritti: “La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi”. Ci sarebbe voluto ancora del tempo per l’ottenimento della piena libertà di religione e di culto, che fu raggiunta soltanto con la Costituzione Repubblicana, un secolo più tardi. Lungo il percorso, si segnala la Legge 1159 del 24 giugno 1929, emanata qualche mese dopo la stipula del Concordato tra lo Stato Italiano e la Chiesa Cattolica, che ammetteva i culti diversi dal cattolicesimo permettendo la loro espressione pubblica, ma sottoponeva all’approvazione del Ministero dell’Interno la nomina dei ministri di culto non cattolici.

Il 17 febbraio 1848 il sovrano del Regno di Sardegna, Carlo Alberto, stabiliva per la prima volta con la pubblicazione delle Lettere Patenti l’estensione ai valdesi dei diritti civili e politici.

Elisa Piras

Ma torniamo alle valli valdesi. Per secoli quest’area montuosa è stata rifugio e confino per una nutrita comunità di persone, eredi dei seguaci di Valdo di Lione, il riformatore religioso vissuto tra il dodicesimo e il tredicesimo secolo, che predicando il ritorno alla povertà evangelica e diffondendo i testi religiosi in volgare diede vita al movimento dei Poveri di Cristo con una discreta diffusione in varie parti d’Europa. Considerati ribelli ed eretici dalla Chiesa Cattolica, i seguaci di Valdo furono a lungo perseguitati e costretti a spostarsi da un Paese all’altro. Una parte di loro si rifugiò tra le Alpi Cozie. Nel 1532, i valdesi aderirono alla Riforma protestante e questo acuì le persecuzioni. Verso la metà del Settecento, Voltaire nel suo Trattato sulla tolleranza menzionava un episodio particolarmente cruento avvenuto nel Cinquecento in Provenza, dove sulla spinta di esponenti del clero alcuni membri del parlamento locale chiesero l’intervento dei soldati del re di Francia per realizzare un vero e proprio massacro ai danni di una inerme comunità valdese, “senza rispettare né il sesso, né la vecchiaia, né l'infanzia: ridussero in cenere trenta villaggi”. Anche nei possedimenti alpini sabaudi, nei quali il culto dal 1561 era ufficialmente tollerato, la sopravvivenza delle comunità valdesi dipendeva dalla disposizione più o meno tollerante del sovrano di turno e dalla protezione attiva delle potenze straniere nel caso di persecuzioni su vasta scala. È bene notare che, anche quando la tolleranza era praticata, i diritti dei sudditi valdesi erano fortemente limitati. In particolare, fino al 1848 non era loro consentito possedere proprietà, esercitare il culto e predicare o istituire scuole al di fuori delle valli, ferma restando la loro esclusione dalle scuole e dalle Università pubbliche del Regno. Anche nelle valli, alcune professioni restavano appannaggio dei soli sudditi cattolici.

I falò della libertà non soltanto alimentano la memoria delle persecuzioni subite e celebrano i diritti raggiunti, ma segnalano l’importanza della parità di diritti per tutte le minoranze e per tutte le persone considerate diverse.

Elisa Piras

Prestare attenzione ai falò e alle iniziative connesse alla ricorrenza del 17 febbraio che si svolgono in varie parti d’Italia – per il 2023 è stato definito un programma di convegni, eventi artistici e discussioni pubbliche intitolato “Libertà, cittadinanza, responsabilità” – è un’opportunità per riflettere sulle responsabilità storiche delle maggioranze e sulle dinamiche di definizione e ridefinizione della cittadinanza ovvero dello schema di libertà e diritti per tutti i cittadini e le cittadine. Le comunità valdesi d’Italia, e più in generale tutte le chiese evangeliche, sono oggi perfettamente integrate nella società italiana, sebbene mantengano le loro specificità religiose e culturali. I falò della libertà non soltanto alimentano la memoria delle persecuzioni subite e celebrano i diritti raggiunti, ma segnalano anche l’importanza della parità di diritti per tutte le minoranze e per tutte le persone considerate diverse. Lo sforzo di alcune associazioni, in primis la Società degli Studi Valdesi basata a Torre Pellice (TO), per portare alla luce le storie delle comunità protestanti d’Italia, ha contribuito ad accrescere la consapevolezza sulle discriminazioni e persecuzioni subite dalle minoranze religiose da parte di individui e istituzioni.

Almeno due aspetti dell’impegno civile e politico delle comunità valdesi risultano particolarmente interessanti nell’ottica di una riflessione teorica sulla cittadinanza democratica che garantisca la libertà di religione. Da un lato, vi sono gli interventi nel dibattito pubblico a favore della libertà religiosa, il supporto alla laicità dello Stato come principio costituzionale irrinunciabile e non ancora pienamente raggiunto e la netta distinzione tra attività religiose e attività di impegno sociale portate avanti dalle chiese. Dall’altro lato, va menzionata la continua ricerca del dialogo con le altre comunità religiose, non solo all’interno della Federazione delle chiese evangeliche d’Italia (FCEI), di cui la Chiesa Valdese fa parte a partire dal 1967. Merita infine particolare attenzione l’apertura ecumenica verso la Chiesa Cattolica, che si rinnova continuamente grazie a collaborazioni e scambi a livello locale e nazionale e che è stato suggellato dalla storica visita di Papa Francesco al tempio valdese di Torino del 22 giugno 2015, durante la quale per la prima volta un Papa ha chiesto “perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani” tenuti dai cattolici contro i valdesi. Oggigiorno, il contributo dei valdesi alla ridefinizione della cittadinanza democratica va oltre le questioni relative alla libertà religiosa, abbracciando temi come la solidarietà verso i propri concittadini ma anche verso le persone migranti e l’inclusione di persone e gruppi marginalizzati sulla base di differenze di genere, orientamento sessuale, stato di salute e abilità, provenienza geografica e culturale nella società italiana.

Il contributo valdese alla ridefinizione della cittadinanza riguarda innanzitutto l’attenzione alla libertà religiosa e alla laicità dello stato e lo sforzo per realizzare un dialogo con le altre fedi religiose.

Elisa Piras

Risale al 2018 la proposta da parte della Federazione delle chiese evangeliche in Italia di istituire la Giornata nazionale per la libertà di coscienza, di pensiero e di religione proprio il 17 febbraio. Per il momento, il dibattito non ha avuto sviluppi rilevanti, ma come nei tempi più bui, l’esperienza di fede e umana dei valdesi rimane una piccola fiamma che può illuminare tutta la società italiana . Oltre che una festa civile, la ricorrenza è una festa di comunità, che mostra come nelle valli valdesi questa piccola e ancora poco conosciuta minoranza abbia potuto sopravvivere fino a oggi, restando unita e consapevole delle sfide che rendono il suo futuro incerto. Ma anche per quest’anno tutte le fiaccole, che ricordano lo stemma dei valdesi, convergono nel falò che, poco fuori dai centri abitati, rischiara la notte e scalda decine di persone. Bambini che giocano, adulti che chiacchierano e finiscono di organizzare il pranzo comunitario del giorno seguente mentre bevono un bicchiere di vin brulè. Poche parole del pastore, che parla di diritti e identità e ricorda i gruppi per i quali i diritti sono ancora negati. All’improvviso, si intona un inno religioso in francese, semplice ma potente, che arriva fino a chi è rimasto in paese. Buon 17 febbraio!

Elisa Piras

Elisa Piras

Elisa Piras è Senior Researcher al Center for Advanced Studies di Eurac Research. In passato, è stata Assegnista di ricerca all’Istituto Dirpolis della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e al Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bologna. Dopo il conseguimento del PhD in Politica, Diritti Umani e Sostenibilità, la sua ricerca si è concentrata sulle teorie filosofiche del liberalismo contemporaneo, con particolare attenzione ai temi legati alla dimensione internazionale dell’agire politico, alla politica estera e alle teorie dell’opinione pubblica. Ha svolto attività di ricerca e insegnamento sul nesso tra identità e sicurezza, soprattutto riguardo ai fenomeni di discriminazione e violenza di genere e all’Agenda Donne, Pace e Sicurezza delle Nazioni Unite.

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https://doi.org/10.57708/b146542156
Piras, E. I falò della libertà nelle valli valdesi: festa civile per ripensare la cittadinanza. https://doi.org/10.57708/B146542156

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