null

magazine_ Dossier

Neve

Come sta cambiando in Alto Adige e nelle Alpi

Credit: Eurac Research

Scarica qui il Dossier Neve in formato PDF.

Image 1 of 5
Nel 1931 l’americano Wilson Bentley, pioniere autodidatta della microfotografia, pubblicò un libro con 2400 fotografie di cristalli di neve.Credit: Smithsonian Institution Archives | Wilson Bentley | All rights reserved
Image 2 of 5
I cristalli esagonali si formano specialmente con temperature attorno ai -2° C, le colonnine di ghiaccio a -7° C.Credit: Smithsonian Institution Archives | Wilson Bentley | All rights reserved
Image 3 of 5
Le stelle (o dendriti) si formano a temperature più alte.Credit: Smithsonian Institution Archives | Wilson Bentley | All rights reserved
Image 4 of 5
Si ritiene che ogni grano di neve sia diverso dall’altro; finora sono state identificare 121 formazioni diverse.Credit: Smithsonian Institution Archives | Wilson Bentley | All rights reserved
Image 5 of 5
Bentley usava una piuma per posizionare ogni singolo grano di neve sotto l’obiettivo. Per ottenere un buono scatto trascorreva ore al freddo.Credit: Smithsonian Institution Archives | Wilson Bentley | All rights reserved

Cosa è la neve?

La neve è la forma più comune di precipitazione solida. È fatta di cristalli di ghiaccio che si formano nell’atmosfera: lì cominciano a crescere e continuano a crescere finché cadono al suolo, dove la neve si accumula e forma il manto nevoso. La dimensione finale dei fiocchi, la forma e la struttura dei cristalli dipendono dalle condizioni atmosferiche, specialmente da temperatura, umidità e vento. La temperatura può causare lo scioglimento e il ricongelamento, il vento trasporta la neve, e le nevicate che si susseguono possono comprimere il manto nevoso. Nel corso dell’inverno, nel manto nevoso si sviluppa così una struttura complessa e multistrato, che riflette le condizioni meteorologiche di ogni singola nevicata e dei giorni successivi.

Il manto nevoso è una struttura complessa. I vari strati raccontano la storia dell’inverno a partire dalla prima nevicata.Credit: David Newman | All rights reserved

Quando nevica?

Per formarsi, alla neve servono umidità e temperature fredde in atmosfera. I cristalli raggiungono il suolo solo quando la temperatura dell’aria sulla superficie terrestre è inferiore a 0°C. Solo in casi eccezionali la neve può raggiungere il suolo anche quando la temperatura è di +5°C. La complessa topografia dell’Alto Adige ha una grande influenza sul clima locale. Con l’aumentare della quota la temperatura di solito scende. Poiché le montagne influenzano le correnti delle masse d’aria, in genere, a quote più alte, le precipitazioni sono maggiori sui versanti esposti al vento. Sui versanti sottovento le masse d’aria sono più asciutte, quindi sono minori le precipitazioni, sia di pioggia sia di neve. Alcune zone, come la val Venosta, sono situate in modo tale da non essere quasi attraversate da masse di aria umida. Nel complesso queste dinamiche fanno sì che la distri- buzione nello spazio e nel tempo della neve in Alto Adige sia molto complessa, anche se, in linea di principio, possiamo comunque aspettarci più neve alle quote più alte.

Come viene misurata la neve?

Per misurare lo spessore del manto nevoso basta una semplice asta graduata: si misura sia l’altezza della singola nevicata (neve fresca, con altezza calcolata come se fosse su una superficie senza neve) sia l’altezza totale della neve dal suolo. In alcune regioni le misurazioni sono cominciate molto tempo fa, a Torino per esempio nel 1787, a Rovereto nel 1882. In Alto Adige le serie storiche delle misurazioni manuali cominciano nel 1981. Recentemente, sono stati installati sensori automatici a ultrasuoni ad altitudini più elevate, ma le serie di dati raccolte con questo sistema sono ancora troppo brevi per fare valutazioni sul clima. Da alcuni decenni i satelliti permettono di determinare la superficie innevata, la permanenza della neve al suolo o il tipo di neve (bagnata/polverosa). Questo metodo ha il vantaggio di coprire l’intero gradiente altitudinale, cioè tutte le quote. Ma anche quelle dei dati satellitari sono serie temporali ancora relativamente brevi. Dal punto di vista idrologico, la quantità di acqua immagazzinata nella neve è un parametro importante, il cosiddetto “equivalente in acqua della neve”. Misurarlo manualmente richiede però molto lavoro, e le tecnologie automatizzate sono costose. L’equivalente in acqua della neve non viene quindi misurato con la stessa frequenza della profondità totale della neve o dell’altezza della singola nevicata.

Altezza della neve: analisi delle tendenze in tutte le stazioni di misurazione che hanno serie di dati più o meno complete sugli ultimi quarant’anni (1981- 2020). Le variazioni sono state determinate con un’analisi di regressione lineare dell‘altezza media mensile in funzione dell’anno. In rosso le variazioni negative, in blu le positive.Credit: Eurac Research | Michael Matiu

Quanto è cambiato lo spessore della neve in Alto Adige?

Negli ultimi 40 anni, l’altezza della neve è diminuita nella maggior parte delle stazioni di misurazione, ma con differenze a seconda del mese, dell’altitudine e della posizione. Nei 28 siti che forniscono serie temporali più o meno complete dal 1981 al 2020, la neve è diminuita in inverno (da dicembre a marzo), specialmente sotto i 1500 metri; tra i 1500 e i 2000 metri invece diminuzioni e aumenti si bilanciano. Inoltre, si possono osservare delle tendenze geografiche: la neve è diminuita a nord e a est, mentre a sud e ovest è aumentata. Per esempio, a Slingia, a ovest della provincia, a 1690 metri, l’altezza media della neve in febbraio è aumentata da 48 a 63 centimetri, mentre al lago di Neves nel nord-est, a 1860 metri, è diminuita da 86 a 66 centimetri. Nessun aumento è stato osservato alla fine della stagione, che corrisponde al mese di aprile o maggio a seconda della quota. Addirittura la neve è in media del tutto scomparsa nell’ultimo mese della stagione. Per esempio, a Sesto o a Pennes, dove quarant’anni fa erano normali dai sette ai 24 centimetri di neve in aprile, oggi in aprile non c’è più neve e lo stesso succede mediamente nelle altre località sotto i 1500 metri. Il limite principale di queste osservazioni è che si basano esclusivamente su misurazioni al di sotto dei 2000 metri; purtroppo in Alto Adige non sono disponibili serie che coprono lunghi periodi al di sopra di questa quota.

Come stanno le cose nelle Alpi in generale?

I cambiamenti osservati in Alto Adige sono rappresentativi per la parte meridionale delle Alpi. Le Alpi sono soggette alle influenze di tre regioni climatiche: quella atlantica, quella mediterranea e quella continentale. La cresta alpina principale rappresenta il confine climatico più prominente e separa il nord dal sud; da ovest a est l’influenza del clima oceanico diminuisce e quella del clima continentale aumenta. Questo ha un impatto sia sulla temperatura sia sulle precipitazioni: in inverno a sud le precipitazioni sono in media un terzo in meno, il che corrisponde a circa il 20-30 per cento di neve in meno. Una recente analisi di più di 800 stazioni meteo nelle Alpi ha mostrato che nel periodo dal 1971 al 2019 la copertura nevosa è diminuita nella maggior parte delle stazioni sotto i 2000 metri e che l’altezza della neve è diminuita più a sud che a nord. Sopra i 2000 metri, specialmente a sud, i cambiamenti sono discordanti: ci sono località dove lo spessore della neve è aumentato e altre in cui è diminuito. Tuttavia la neve viene misurata in serie che coprono lunghi periodi solo in poche località sopra i 2000 metri, quindi non è possibile generalizzare i risultati per tutte le Alpi. Quello che è sicuro è che in autunno e in primavera l’altezza della neve è diminuita in tutte le regioni e a tutte le altitudini.

Copertura nevosa nel presente (2000-2020) e cambiamenti previsti per il futuro (2071-2100): area media coperta da neve in inverno (da dicembre a febbraio) e in primavera (da marzo a maggio). Le immagini satellitari sono state analizzate per il periodo 2000- 2020. La rappresentazione delle tendenze future è basata su modelli climatici regionali calibrati con le osservazioni satellitari. Le mappe hanno una risoluzione orizzontale di circa 12 chilometri che corrisponde alla risoluzione dell’attuale generazione di modelli climatici regionali.Credit: Eurac Research | Michael Matiu

Quali conseguenze hanno i cambiamenti climatici sulla neve?

Se i cambiamenti climatici non verranno rallentati, le temperature continueranno certamente ad aumentare e cambierà anche la distribuzione delle precipitazioni. È possibile che le precipitazioni aumentino nelle Alpi in inverno. A causa delle temperature più alte ci sarà meno neve in autunno e in primavera. Sarà così anche in inverno alle quote più basse: per effetto del riscaldamento pioverà invece di nevicare. Alle quote più alte, maggiori precipitazioni potrebbero voler dire più neve in pieno inverno, ma la stagione sarà comunque più breve: le temperature più alte faranno sì che la neve cada più tardi in autunno e si sciolga prima e più velocemente in primavera. Complessivamente, nella regione alpina la quantità totale di neve diminuirà significativamente in tutti i periodi dell’anno e in particolare in primavera. Entro la fine del secolo, le condizioni attuali di copertura nevosa potrebbero spostarsi più in alto di 500-1000 metri, cioè nel 2100 le condizioni della neve a 2000 metri corrisponderanno a quelle che si trovano oggi a 1000-1500 metri. Se gli obiettivi di contenimento dei cambiamenti climatici verranno raggiunti, cioè il riscaldamento globale verrà mantenuto al di sotto dei 2°C, questo spostamento in altezza potrebbe ancora essere contenuto entro i 250-500 metri.

Come si spiegano le nevicate estreme?

Nevicate particolarmente estreme si verificano in Alto Adige in condizioni meteorologiche molto particolari, quando affluisce aria molto umida dal Mediterraneo. È successo per esempio nel novembre 2019 o nel dicembre 2020. Per effetto dei cambiamenti climatici aumenta non solo la temperatura dell’aria ma anche quella del mare, perciò l’atmosfera assorbe più umidità; in questo modo può piovere o nevicare in modo più intenso. Nel novembre 2019 questo è stato aggravato da un blocco atmosferico che ha provocato precipitazioni persistenti. A causa dei cambiamenti climatici ci aspettiamo che anche i blocchi climatici aumentino: è quindi probabile che questo evento sia stato così estremo anche per effetto dei cambiamenti climatici. Se è vero che per il futuro dobbiamo aspettarci in media meno neve, è vero anche che le nevicate estreme non scompariranno, anche se non ci possiamo sbilanciare e dire quanto saranno probabili e intense. Con i modelli climatici che attualmente abbiamo a disposizione e considerata la difficolta nel modellare una topografia complessa come quella dell’Alto Adige possiamo fare affermazioni solo su come cambierà il clima in media. Resta quindi da vedere anche la valutazione dei rischi associati alle nevicate estreme, per esempio le cadute di alberi, i blackout, le frane e le valanghe. Una minore quantità di neve non significa necessariamente un minore rischio di valanghe poiché i processi di innesco delle valanghe sono complessi e l’aumento delle temperature potrebbe anche accelerare la destabilizzazione della neve.

Anche se in futuro la neve sarà di meno, non mancheranno le nevicate eccezionali. Anzi, per effetto dei cambiamenti climatici le nevicate estreme potrebbero diventare ancora più estreme. Credit: Andreas Buchwald | andreas-buchwald.com | All rights reserved

Quanto è importante la neve naturale per l’industria dello sci?

Per sciare serve neve, ma non è detto che sia neve caduta dal cielo. In Alto Adige l’industria dello sci non dipende più dalla neve naturale, poiché circa il 90 per cento dei comprensori è dotato di impianti di innevamento. Piuttosto, per produrre la neve servono condizioni meteorologiche favorevoli (aria fredda e secca), oltre a un alto consumo di acqua ed energia. Negli inverni dal 2007 al 2016, i cannoni da neve in Alto Adige hanno consumato dai cinque ai dieci miliardi di litri d’acqua a stagione e, insieme agli impianti di risalita, dai 90 ai 170 milioni di kWh di elettricità, vale a dire il 6-12 per cento del consumo annuo di acqua potabile e il 2,9-5,4 per cento del consumo annuo di elettricità di tutta la provincia. Se in futuro ci sarà meno neve queste cifre continue- ranno ad aumentare. La discussione già molto accesa sul turismo invernale – in cui da un lato vengono presentate le conseguenze negative per l’ambiente e il paesaggio e dall’altro gli effetti positivi per l’economia locale e per la popolazione di montagna – probabilmente si intensificherà ulteriormente.

Se la neve non cade dal cielo, arriva dai cannoni: il 90 per cento delle piste da sci in Alto Adige sono attrezzate con impianti per l’innevamento programmato. Il consumo di energia e acqua è molto alto. Credit: ©Sonja Birkelbach - stock.adobe.com | All rights reserved

Quali conseguenze avranno i cambiamenti climatici sui comprensori sciistici?

Il periodo più importante per il turismo invernale è generalmente la metà dell’inverno e specialmente il periodo natalizio. Quindi, in caso la neve naturale non sia più sufficiente, c’è da chiedersi se gli impianti possano produrre sufficiente neve prima di Natale. Questo dipende da tre condizioni: le condizioni meteorologiche favorevoli – che stanno diventando più rare a causa del riscaldamento climatico, la capacità dei cannoni da neve – che probabilmente migliorerà per i progressi tecnologici, e infine la disponibilità di energia e acqua. Non bastano gli indicatori climatici (come la temperatura) per stimare le conseguenze dei cambiamenti climatici sulle località sciistiche. Negli ecosistemi complessi di alta montagna il clima e la neve sono soggetti a grandi variazioni. Per approfondire bisognerebbe usare modelli specifici per la neve che tengano conto delle caratteristiche climatiche e topografiche locali. Questi studi finora non sono disponibili per l’Alto Adige. Secondo le conoscenze attuali, probabilmente non sarà più possibile garantire la durata della stagione sciistica come la conosciamo oggi. Inoltre, come prevedono studi condotti in Austria e Svizzera, gli attuali sviluppi climatici minacciano la redditività economica delle stazioni sciistiche a quota più bassa, anche a causa dell’aumento dei consumi di elettricità e acqua. Le analisi costi-benefici che riguardano possibili scenari legati ai cambiamenti climatici dovrebbero seguire un approccio olistico. Queste valutazioni dovrebbero considerare non solo gli aspetti finanziari ma anche i fattori ecologici tra cui l’energia e l’acqua, e anche i benefici non economici per la popolazione rurale locale (per esempio la qualità delle infrastrutture migliori o gli orari di apertura di negozi e bar). Quando si prendono decisioni a favore o contro determinati investimenti come nuovi impianti di innevamento o di risalita sarebbe quindi auspicabile non solo avere un parere scientifico, ma anche interpellare la popolazione locale.

Quali conseguenze hanno i cambiamenti del manto nevoso o delle nevicate sulle risorse idriche?

La neve è un’importante riserva d’acqua: l’acqua si accumula in inverno, quando la vegetazione non ne ha quasi bisogno, e viene rilasciata in primavera e in estate, quando il fabbisogno di vegetazione e agricoltura è più alto. Con meno neve, e neve che si scioglie prima, possono verificarsi condizioni di siccità in primavera ed estate, sia in Alto Adige che a valle. Le condizioni di siccità potrebbero peggiorare perché l’aumento delle temperature aumenta l’evaporazione, e i terreni secchi si riscaldano di più, rendendo il clima ancora più caldo. Inoltre, questo circolo già di per sé vizioso viene peggiorato dal fatto che in caso di siccità aumenta il fabbisogno della vegetazione sia in natura sia per le irrigazioni agricole. Chi amministra l’acqua deve aspettarsi in futuro di avere meno acqua disponibile in primavera e in estate; dovrà quindi concentrarsi su una gestione integrata che tenga conto di tutte le parti interessate nel bacino. Per l’Adige, per esempio, questo significherebbe bilanciare i bisogni delle famiglie, dell’agricoltura, dell’ecologia e della produzione di elettricità nell’area che va dal passo di Resia al mare Adriatico, per evitare conflitti nell’uso dell’acqua.

Quale ruolo giocano la neve e i cambiamenti climatici per i ghiacciai?

I ghiacciai sono formazioni permanenti di ghiaccio compatto, originariamente composti da neve. Si sviluppano, spesso nel corso di secoli, finché l’accumulo di neve è superiore all’ablazione, cioè si accumula più neve di quella che si perde per fusione, evaporazione, sublimazione (passaggio diretto da solido a gassoso), erosione per effetto del vento e movimento del ghiacciaio verso il basso. Attualmente, i ghiacciai si stanno riducendo rapidamente poiché l’accumulo è inferiore all’ablazione. Ciò è dovuto principalmente all’aumento delle temperature in estate, che favoriscono lo scioglimento; la riduzione delle nevicate durante il resto dell’anno gioca un ruolo minore. In molte parti del mondo i ghiacciai servono come serbatoi di acqua potabile e contribuiscono significativamente al ciclo dell’acqua e alla portata dei fiumi. In Alto Adige, l’acqua che proviene dai ghiacciai è importate per alcuni bacini come Solda, Martello e la valle Aurina, ma in generale è più rilevante l’acqua frutto dello scioglimento della neve. Anche se la politica internazionale riuscisse a mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C, nel 2100 in Alto Adige rimarrebbe solo un quarto della massa dei ghiacciai di oggi, poiché i ghiacciai reagiscono molto lentamente alle fluttuazioni del clima. Se gli obiettivi climatici non saranno raggiunti, tutti i ghiacciai altoatesini saranno probabilmente scomparsi entro il 2100.

Cosa si può fare?

La cosa più importante è ridurre le emissioni di gas serra per contenere al minimo i cambiamenti climatici. Allo stesso tempo, bisogna prepararsi e adattarsi alle nuove condizioni. Proprio come i cambiamenti climatici non si fermano ai confini nazionali e richiedono un’azione coordinata a livello globale, anche la neve e l’acqua non aderiscono ai confini creati dagli esseri umani. Più che iniziative singole, è l’azione coordinata di tutte le parti interessate, trasversale alle competenze istituzionali e ai settori, a portare a decisioni più lungimiranti e a rendere un servizio più efficiente e sostenibile per il benessere individuale e della società.

Neve prodotta dagli impianti

Svincola il turismo invernale dalla neve naturale
Consuma più energia
Consuma più acqua

Possibili migliorie

- Usare l’acqua in modo più efficiente

- Sfruttare modelli di previsione climatica e della neve per gestire in modo più efficiente le risorse, per esempio lo strumento svilup- pato nel progetto europeo PROSNOW (https://prosnow.org)

Snowfarming, cioè la raccolta della neve a fine stagione in depositi dedicati

Rende la neve disponibile a inizio stagione
In autunno occorre innevare di meno con i cannoni
Serve un luogo adeguato per i depositi
La neve conservata potrebbe non essere sufficiente
Poiché la neve raccolta nei depositi è in prevalenza neve artificiale, l’uso di energia e acqua rimane alto
Serve molto lavoro per distribuire la neve dai depositi

Invasi e dighe

Rendono l’acqua disponibile quando necessaria
Non occorre prelevare acqua dai fiumi in inverno, quando ne scorre già meno
Producono energia elettrica rinnovabile
Aumentano la resilienza dell’agricoltura in caso di siccità e immagazzinano subito l’acqua prodotta dal disgelo
Impattano il paesaggio e l’ecologia di fiumi e il paesaggio, come le specie di piante e animali che vivono nei corpi idrici
Possono avere conseguenze sul lungo periodo al momento non prevedibili
È difficile trovare i luoghi adatti per costruire invasi in montagna
La costruzione è un intervento invasivo sul passaggio naturale alpino
In Alto Adige è difficile costruire nuove dighe per ragioni sia geologiche sia politiche
Iniziative autonome a livello regionale o nazionale rischiano di generare conflitti
Le grandi dighe tante emissioni di CO2, sia durante la costruzione sia durante le operazioni di riempimento, quando il materiale organico si degrada

Possibili migliorie

- Usare l’acqua in modo più efficiente in agricoltura. Si potrebbero migliorare molto i sistemi di irrigazione

- Sfruttare le dighe non solo per produrre energia, ma anche per gestire siccità e rischi di alluvione

Colophon

Michael Matiu, ricercatore dell’Istituto per l’osservazione della Terra di Eurac Research  
Supporto scientifico di Giacomo Bertoldi, Claudia Notarnicola e Marc Zebisch  

Redazione: Barbara Baumgartner, Valentina Bergonzi  
Illustrazioni di Oscar Diodoro  
Grafica di Elisabeth Aster  
Traduzione di Valentina Bergonzi  

Questo progetto è finanziato dal programma di ricerca e innovazione dell‘Unione Europea Horizon 2020 (convenzione di sovvenzione Marie Skłodowska-Curie n. 795310).

 
share

Related Content