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Valorizzare le voci migranti
Elevating migrant voices
La migrazione non è solo una questione di numeri, ma riflette i cambiamenti socio-economici che caratterizzano il nostro mondo. A livello globale, tra il 2000 e il 2020, il numero delle persone che sono migrate è passato da 175 a 281 milioni, con un migrante su dieci di età inferiore ai 15 anni. La migrazione spesso inizia con aspirazioni di dignità, sicurezza e pace. Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez ha sottolineato che la migrazione non è solo una questione umanitaria, ma è anche essenziale per la prosperità economica e la sostenibilità del benessere. In occasione della Giornata internazionale del migrante, Verena Wisthaler, head del Center for Migration and Diversity, e Leiza Brumat, analista ed esperta di relazioni internazionali, raccontano come stia cambiando la ricerca sulle migrazioni e quali vantaggi possano averne le società di approdo.
Come Centro, come riconoscete il contributo delle persone migranti in campo economico, culturale e sociale?
Verena Wisthaler: Amplifichiamo le loro voci integrandone le prospettive nella nostra ricerca. Esaminiamo sia i paesi di origine che quelli di destinazione per comprendere l'impatto che la migrazione ha sulle istituzioni e sulle società locali. Il dibattito pubblico è fondamentale; usiamo la ricerca per contrastare gli stereotipi e mostrare come le persone che sono migrate contribuiscano alle nostre economie, ai cambiamenti sociali e allo sviluppo di intere culture.
Leiza Brumat: Per considerare le persone migranti come agenti attivi, dobbiamo impegnarci in dibattiti globali e adottare un approccio olistico alla migrazione. Ciò significa esaminarla non solo da prospettive antropologiche o sociali, ma anche attraverso lenti culturali, economiche e politiche. L'utilizzo di metodi interdisciplinari e la partecipazione a discussioni accademiche e politiche globali, come quelle relative agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, ci aiutano a riconoscere il ruolo della migrazione nella riduzione delle disuguaglianze e nella promozione dello sviluppo. In Argentina, ad esempio, le associazioni di immigrati hanno contribuito alla stesura di una delle leggi sull'immigrazione più progressiste e liberali del mondo. Nel nostro Centro, sottolineiamo come le migrazioni siano catalizzatori di cambiamenti politici e sociali.
Una dall’Alto Adige e l’altra argentina, come si conciliano le vostre esperienze?
Brumat: Mi impegno a livello macroregionale globale, esaminando regioni come l'Europa, l'Africa e il Sud America come entità coese. Provenendo dal Sud America, porto una prospettiva sudamericana che amplia l'attenzione geografica, incorporando non solo intuizioni empiriche ma anche la letteratura accademica. Questa letteratura vede sempre più le persone migranti come agenti di sviluppo, un tema importante in Sud America, dove c'è una forte enfasi sui diritti umani. Molti paesi sudamericani sono stati pionieri in materia di migrazione, diritti dei rifugiati e asilo, creando importanti precedenti. Sebbene esistano contraddizioni nell'attuazione pratica dei diritti dei migranti, istituzioni come l'ONU danno voce a migranti che lottano per posizioni nuove e progressiste. Storicamente, l'America Latina è stata una regione di emigrazione verso gli Stati Uniti. Tuttavia, negli ultimi anni, il Sud America ha visto una ripresa della mobilità intraregionale, che in passato era sempre stata significativa. Oggi, c'è una crescente attenzione per la migrazione sud-sud, che mette in evidenza le dinamiche di movimento tra i paesi del sud, divenute sempre più rilevanti negli studi sulle migrazioni. In Sud America, il movimento di persone tra nazioni meridionali vicine supera ora i flussi migratori dal sud al nord.
Wisthaler: Io invece mi concentro su unità più piccole, su regioni, città e piccoli comuni in Europa, e anche qui nella nostra regione, in Alto Adige. Prospettive diverse arricchiscono il nostro Centro. Sia in America Latina che in Europa, le città sono fondamentali per l'integrazione, offrendo spazi in cui le interazioni quotidiane danno forma alle società. Il confronto tra la mobilità intraregionale in America Latina e quella intraeuropea evidenzia sfide e opportunità comuni.
Come celebrate la Giornata internazionale dei migranti e qual è il significato di queste giornate per voi?
Brumat: Ritengo che queste giornate siano utili per portare alla luce l'esistenza della diversità intrinseca a ogni società e per evidenziare la migrazione come un fatto della vita umana. Le persone si spostavano nel mondo prima che esistessero i confini, quindi l'esistenza della migrazione internazionale è essa stessa una conseguenza dell'esistenza dei confini.
Wisthaler: Dobbiamo eliminare questo status “speciale” che viene associato alla migrazione. È un aspetto normale e duraturo della vita umana. L'attenzione dovrebbe essere rivolta a valorizzare la migrazione come parte integrante della nostra società per tutto l'anno e non solo per un giorno.
Come è cambiato il panorama della ricerca sulla migrazione da quando avete iniziato?
Wisthaler: La ricerca sulle migrazioni si è enormemente diversificata in termini di discipline e metodologie. È diventata anche più innovativa, incorporando campi che, un decennio fa, sembravano non correlati, come la salute, il design e l'arte. Oggi si ricorre sempre più spesso a metodi visivi e l'intersezione tra arte e migrazione sta acquistando sempre più importanza. Questo approccio non viene utilizzato solo per presentare i risultati e renderli più accessibili, ma anche per esplorare questioni come la migrazione e la discriminazione. Trent'anni fa, la ricerca sulla migrazione era in gran parte limitata a specifiche macroregioni. Oggi la collaborazione tra chi si occupa di questa ricerca è molto più ampia e globale. Un altro cambiamento degno di nota è la crescente importanza delle comunità migranti e di ricercatori e ricercatrici con background migratorio, le cui prospettive giocano ora un ruolo centrale nel plasmare il campo.
Brumat: La migrazione è molto più visibile di prima, il che ha modificato le dinamiche nel mondo accademico e nella governance globale. Agenzie come l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni esercitano una maggiore influenza attraverso i finanziamenti, grazie a questa visibilità della migrazione. Vediamo anche che il vocabolario, dal punto di vista della governance globale, è cambiato. All'inizio era molto semplice: immigrazione, asilo, rifugiati. Ora nei forum globali si utilizzano concetti più sfumati, la politica parla di un approccio alla governance della migrazione che coinvolge tutta la società e tutti i livelli di governo e di un maggiore accesso ai diritti indipendentemente dallo status giuridico.
Dobbiamo eliminare questo status “speciale” che viene associato alla migrazione. È un aspetto normale e duraturo della vita umana.
Verena Wisthaler
Migranti, immigrati, rifugiati, richiedenti asilo, sfollati – cosa ne pensate del linguaggio che usiamo quando parliamo di migrazione e delle percezioni ad esso associate?
Brumat: Le distinzioni tra termini come immigrati, migranti e rifugiati, in particolare tra queste ultime due, non sono solo tecniche, ma hanno un'importanza politica significativa. Poiché la migrazione è diventata molto più complessa, queste classificazioni riflettono le sfumature della migrazione e sono modellate sia da quadri accademici che da programmi politici. Chi detiene il potere spesso usa questi termini in modo strategico, classificando gli individui in modi che servono ai propri interessi in particolari momenti, confini o contesti. Si pensi alla distinzione tra migranti e persone mobili. Tecnicamente, le convenzioni internazionali definiscono migrante chi attraversa un confine per più di un anno. Ma questo significa, ad esempio, che un tedesco che vive in Italia è un migrante? No, è classificato come migrante interno all'UE. Il termine stesso “migrante” ha spesso una connotazione peggiorativa, soprattutto nei media, dove è spesso associato alla povertà e alle persone provenienti dai paesi più poveri. Tuttavia, da un punto di vista tecnico, politico o accademico, non è così. Questi termini sono fortemente politicizzati, e riflettono la natura carica di significato del linguaggio che circonda la migrazione.
Wisthaler: Tuttavia, la precisione terminologica è importante in alcuni momenti: è la percezione che dobbiamo mettere in discussione e non solo il linguaggio. Detto questo, il modo in cui etichettiamo le persone influenza l'atteggiamento della società.
Brumat: Non dobbiamo vedere la migrazione come un problema, come di solito viene etichettata. Sfido i miei studenti e le mie studentesse a riconsiderare questo aspetto chiedendo loro: “Se vieni da un altro paese, sei un problema?”. La migrazione incarna l'essenza dell'umanità, non è un problema da risolvere.
Wisthaler: E la società deve accettarla come una normalità.
La migrazione incarna l'essenza dell'umanità, non è un problema da risolvere.
Leiza Brumat
About the Interviewed
Verena Wisthaler è direttrice del Center for Migration and Diversity di Eurac Research e docente esterna presso l'Università di Innsbruck. La sua ricerca si concentra sulle politiche di migrazione e integrazione, spesso a livello regionale e locale. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Scienze politiche all'Università di Leicester (2016) che è stato premiato con l'ECPR (European Consortium for Political Research) Jean Blondel PhD Prize 2017. È stata ricercatrice ospite presso l'Istituto universitario europeo di Firenze, l'Università di Corte (FR) e l'Università di Edimburgo (UK), e ricercatrice post-doc presso l'Università di Neuchâtel (CH), al Forum svizzero di studi sulla popolazione e le migrazioni. Ha pubblicato su JEMS, Regional Studies, Journal of Comparative Policy Analysis, Studies in Ethnicity and Nationalism, Politika.
About the Interviewed
Leiza Brumat è Senior Research Fellow del Center for Migration and Diversity e Associate Research Fellow presso l'Università delle Nazioni Unite - Institute for Comparative Regional Integration Studies(UNU-CRIS). È un'analista di relazioni internazionali che ha conseguito il dottorato di ricerca a Flacso, Argentina. In precedenza ha lavorato come ricercatrice presso il Migration Policy Centre (MPC) dell'Istituto universitario europeo, come docente di relazioni internazionali e integrazione regionale nella sua città natale, Buenos Aires, e come ricercatrice presso il Consiglio Nazionale della Ricerca Scientifica e Tecnica (CONICET) dell'Argentina. È coautrice di Migration and Mobility in the EU (seconda edizione, Palgrave, 2020, con Andrew Geddes e Leila Hadj Abdou). È stata inoltre consulente senior responsabile dello sviluppo della visione regionale e dell'aggiornamento del piano regionale per la governance della migrazione per tutto il Sud America (2024-2034). La sua ricerca si concentra sulla governance regionale e globale delle migrazioni.