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Il futuro dei boschi

Simulazioni basate su modelli matematici aiutano a capire come reagiranno ai cambiamenti climatici

Credit: lukjonis - stock.adobe.com | All rights reserved
by Giovanni Blandino

Fragili e al tempo stesso decisamente preziosi per l’uomo, i boschi sono ecosistemi sempre più soggetti ai rischi legati ai cambiamenti climatici: parassiti, siccità ed eventi estremi più frequenti e più intensi. Modelli matematici simulano in anticipo questi scenari futuri. Aiutano così a capire come le foreste si comporteranno a fronte di cambiamenti previsti – come l’innalzamento delle temperature – e a rendere le amministrazioni più pronte a reagire in caso di eventi inaspettati.

Un nuovo progetto di ricerca prevede la calibrazione di modelli di paesaggi forestali e l’analisi di scenari per alcune selezionate zone boschive della Val Venosta, in Alto Adige.

28 e 29 ottobre 2018. Una forte perturbazione atlantica si abbatte sulle Alpi Orientali con pioggia e raffiche di vento che arrivano fino a 200 km/h. Quella che sarà denominata la tempesta Vaia abbatte 20.000 ettari di bosco e 42 milioni di alberi, provocando danni visibili ancora oggi. Nell’estate del 2021 gli eventi estremi legati ai boschi tornano al centro della cronaca: incendi di grandi dimensioni interessano diversi paesi mediterranei, portando solo in Italia alla distruzione di 158.000 ettari di bosco e all’evacuazione di migliaia di persone.

L'immagine satellitare, generata con i dati di Sentinel-2, mostra le conseguenze catastrofiche della tempesta Vaia nel luglio 2019 vicino a Passo Lavazè, una delle zone più colpite tra le province di Trento e Bolzano. Copyright: Sentinel-2 (©ESA/ATG medialab)

Ma i boschi sono davvero ambienti così fragili? “È un ambiente complesso, di cui conosciamo molto, ma di cui c’è ancora molto da scoprire. Sicuramente è un ecosistema per natura fragile, ma è anche naturalmente adattato ai disturbi che ne modificano gli equilibri,” spiega Marco Mina, ecologo forestale dell’Istituto per l’ambiente alpino di Eurac Research. “Il problema ovviamente nasce quando gli effetti ricadono sugli esseri umani, ad esempio quando un’intera comunità deve evacuare a causa degli incendi o quando i cosiddetti servizi ecosistemici – ovvero le risorse che il bosco offre, tra cui diverse risorse economiche – vengono meno”.

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Cambiamenti climatici, economie e società. Cosa aumenta la vulnerabilità dei boschi?

Se incendi, tempeste, valanghe e parassiti rappresentano alcuni dei pericoli principali per i boschi, i cambiamenti climatici sono il cappello a tutto questo. Nel Nordamerica ad esempio insetti introdotti anche più di un secolo fa e rimasti latenti diventano un problema quando temperature più alte consentono loro di svilupparsi ed espandersi in regioni finora considerate off-limits. In generale: i cambiamenti climatici portano a eventi estremi che si verificano con più frequenza e con maggiore potenza.

“A volte i boschi sono più fragili anche perché li abbiamo resi più fragili”

La vulnerabilità dipende poi da tantissimi fattori, tra cui c’è il tessuto socioeconomico del territorio in cui cresce il bosco, il livello di sfruttamento e la vicinanza con gli esseri umani. Ad esempio uno studio ha dimostrato che negli Stati Uniti le foreste più interessate dall’azione di insetti patogeni esotici erano quelle vicino ai grandi porti, come Boston, perché questi insetti viaggiano con le merci. Allo stesso modo gli incendi sono più frequenti vicino alle zone urbanizzate, dove aumentano le probabilità di un fattore di innesco.

Il Big Lonely Doug, un alto esemplare di abete di Douglas risparmiato dall'abbattimento in un'area interessata da un esteso taglio a raso . È diventato un simbolo della conservazione naturale in Canada. Credit: Marco Mina | All rights reserved

“A volte i boschi sono più fragili anche perché li abbiamo resi più fragili,” racconta Marco Mina. Un esempio sono proprio i boschi dell’Altopiano di Asiago colpiti duramente dai fenomeni estremi dell’ottobre 2018. “Si tratta di un tipico esempio di formazioni secondarie, nel senso che sono state ripiantate dopo la prima guerra mondiale prediligendo una foresta pura di abete rosso. Questo tipo di bosco è decisamente più vulnerabile di fronte a raffiche di vento estreme, come quelle che si sono verificate”.

L’abete rosso infatti cresce più in fretta, è più facilmente lavorabile e trasportabile; rispetto ad una foresta primaria che si è sviluppata attraverso processi naturali– e tipicamente mista con abete rosso, abete bianco, faggio, larici – il bosco puro di abete rosso ha indubbiamente più vantaggi economici, almeno nell’immediato. Per lo stesso motivo, boschi di abete rosso sono stati piantati in molte zone di pianura in Europa centrale, anche se non è un luogo propriamente adatto a questa specie dal punto di vista climatico. Con la siccità del 2018 questi ecosistemi hanno avuto una mortalità decisamente elevata tra le specie arboree.

Simulare ciò che è prevedibile, essere pronti all’inaspettato.

I benefici che il bosco fornisce all’uomo e i pericoli per le comunità che da esso possono derivare sono l’espressione di un numero elevatissimo di fattori che, tra le altre cose, comprendono variabili ecologiche, climatiche e sociali. L’idea è di realizzare modelli matematici che permettano di capire in che modo e in che misura un bosco andrà a modificarsi quando alcune di queste variabili vanno a cambiare.

Un bosco misto di conifere e latifoglie nel nordest americano, con un'alta densità di specie e tratti funzionali.Credit: Marco Mina | All rights reserved

“I modelli di oggi dovrebbero non solo farci capire meglio come funziona il bosco, come cresce e come si evolve in quanto ecosistema. Ci dovrebbero anche suggerire cosa fare attivamente per prevenire i rischi e dove meglio intervenire, all’interno di complessi paesaggi forestali, per massimizzare la resilienza in caso di eventi estremi”, spiega Marco Mina. L’ecologo è arrivato a metà del 2021 in Eurac Research, grazie a una fellowship Marie Sklodowska-Curie, per calibrare modelli matematici che rappresentino le diverse tipologie forestali dell’Alto Adige racchiuse in determinate aree studio, in particolar modo in Val Venosta. L’idea è di usare questi modelli anche per simulare scenari futuri.

Creare un modello ecologico dell’ecosistema forestale significa in un certo modo creare una copia virtuale del bosco su cui si possono fare delle simulazioni a lungo termine. Ad esempio capire come potrebbe cambiare il ritmo di crescita di determinate specie arboree all’aumentare della temperatura media e al cambiare dei regimi di precipitazioni, quanto la linea del bosco si sposterà verso altitudini maggiori o di valutare la futura capacità della foresta di assorbire Co2. Si possono poi simulare diversi regimi e interventi di gestione del bosco per testare possibili soluzioni agli eventi, previsti e imprevisti: ad esempio favorendo specie con distinti tratti funzionali o varietà genetiche resistenti a determinati fattori si possono rendere questi ecosistemi più pronti ad affrontare un determinato parassita o mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. “Ovviamente non possiamo immaginarci di tutto, ma di certo si possono esplorare molti scenari di diverso tipo, anche legati agli eventi più estremi”.

“I modelli di oggi dovrebbero non solo farci capire meglio come funziona il bosco, ma anche suggerire cosa fare attivamente per prevenire i rischi e massimizzare la resilienza in caso di eventi estremi”

Modelli matematici di questo tipo sono strumenti che possono dare indicazioni preziose “La loro affidabilità ricorda quella del meteo, ovviamente a scale temporali ben diverse,” spiega Marco Mina, “A 10-20 anni offrono previsioni abbastanza precise. Su scale più ampie, che arrivano a un secolo, l’incertezza per forza di cose aumenta. Ma riescono comunque a fornire indicazioni utili a livello generale: proprio come le previsioni meteo a lungo termine offrono un’informazione generale delle tendenze e di come si svilupperà il meteo nel prossimo mese”.

Calibrare modelli di paesaggio forestale, in Alto Adige

In Alto Adige la calibrazione e l’applicazione di modelli di simulazione forestale – questa prima fase, in un gergo che ricorda molto l’informatica, è chiamata inizializzazione – sarà realizzata su scala subregionale in due aree della Val Venosta: la Val di Mazia – che ospita già da anni un laboratorio a cielo aperto di Eurac Research per la ricerca ecologica a lungo termine (LTSER) – e un’area boschiva limitrofa a Prato allo Stelvio che comprende anche una porzione del Parco Nazionale. “Sono stati scelti questi luoghi perché ospitano diverse tipologie forestali, a diverse scale di altitudine,” commenta Marco Mina, “la varietà di costituzione di queste foreste potrebbe permettere di estrapolare risultati utili per analoghe tipologie forestali presenti in altre zone dell’Alto Adige. E non escludiamo di poter inserire nella modellizzazione anche altre aree, specialmente valli più meridionali come la Val d’Ega o in Trentino”.

Al momento Marco Mina – insieme ad altre collaboratrici e collaboratori dell’Istituto dell’Ambiente Alpino di Eurac Research – sta lavorando alla fase più impegnativa e corposa del progetto: la raccolta di dati e l’inizializzazione del paesaggio forestale. Per inizializzare e calibrare un modello di simulazione a una scala così ampia è infatti necessaria una quantità sterminata di dati, attuali e storici. I dati forniti dall’Ufficio Pianificazione Forestale della Provincia di Bolzano danno preziose informazioni sulla struttura della foresta – volumi, attuali stadi di sviluppo, caratteristiche del suolo dove crescono gli alberi, percentuale delle specie arboree presenti – e sulla gestione e i tagli effettuati, in sostanza raccontano come si è evoluto il bosco negli ultimi decenni. Queste informazioni possono essere integrate con dati ancora più dettagliati, raccolti in foresta dalle ricercatrici e ricercatori di Eurac Research, che riescono a descrivere anche la crescita di un singolo albero in relazione al clima.

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Misurazioni in boschi di diverse tipologie in Alto Adige, tra cui in aree studio del progetto REINFORCE. Credit: Eurac Research | Marco Mina
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Misurazioni in boschi di diverse tipologie in Alto Adige, tra cui in aree studio del progetto REINFORCE. Credit: Eurac Research | Marco Mina
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Misurazioni in boschi di diverse tipologie in Alto Adige, tra cui in aree studio del progetto REINFORCE. Credit: Eurac Research | Marco Mina
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Misurazioni in boschi di diverse tipologie in Alto Adige, tra cui in aree studio del progetto REINFORCE. Credit: Eurac Research | Marco Mina
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Misurazioni in boschi di diverse tipologie in Alto Adige, tra cui in aree studio del progetto REINFORCE. Credit: Eurac Research | Marco Mina
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L'area studio del progetto REINFORCE in Val VenostaCredit: Eurac Research | Marco Mina

“Il contatto con le amministrazioni locali è preziosissimo. Non solo perché forniscono dati che sono essenziali per inizializzare i modelli, ma anche perché ci comunicano quali sono le problematiche più attuali a cui potremmo cercare di dare una risposta con i nostri studi di modellistica,” commenta Marco Mina. “È incoraggiante vedere come gli enti locali siano interessati al prodotto finale e a come potranno usarlo. Da parte nostra capire le loro esigenze ci permette di calibrare ancora meglio i modelli anche per applicazioni molto pratiche”. La terza fase del progetto prevederà la realizzazione di scenari che vanno al di là dei cambiamenti climatici e che descrivano la gestione socio-economica del bosco. Modelli che quantifichino – anche economicamente – i servizi ecosistemici che il bosco offre alle comunità e le risorse necessarie alla gestione di queste aree. “Simulare scenari di questo genere permetterà di capire non solo quanto costa proteggere il bosco, ma anche quanto costa non proteggerlo”.

Dalle Alpi al Nordamerica, e ritorno


Ecologo forestale ed esperto di modelli di simulazione delle dinamiche forestali, Marco Mina lavora per capire come gestire meglio le nostre foreste in un futuro caratterizzato da cambiamenti globali. Dopo i primi anni di ricerca forestale in Svizzera – al Politecnico federale di Zurigo e all'Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio WSL – si sposta in Canada all’Università del Quebéc a Montréal. Qui inizia a studiare la resilienza delle foreste nordamericane ai cambiamenti climatici, sempre usando avanzati modelli matematici. È proprio questa metodologia che viene applicata nel suo progetto per le foreste delle Alpi. Dal 2021 Marco lavora all’Istituto per l’ambiente alpino di Eurac Research.

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Il progetto “REINFORCE: INtegrated landscape management for REsilient mountain FORests under global changes”

Il progetto REINFORCE sviluppa e analizza possibili strategie di gestione forestale per aumentare la resilienza dei paesaggi forestali montani europei ai cambiamenti globali. Utilizzando avanzati sistemi di modellizzazione e simulazione, si analizzano le future dinamiche del paesaggio forestale in diverse aree studio nelle regioni alpine. Sulla base di questi risultati saranno valutati piani di gestione forestale alternativi e basati sulla resilienza. L'innovativo approccio di REINFORCE sta nel combinare la modellazione dinamica del paesaggio, la diversità funzionale – ovvero un concetto di diversità basato sul ruolo ecologico di ciascuna specie invece che solo sulla loro abbondanza – e l'analisi della rete ecologica. Questo approccio permette di determinare dove intervenire in modo più efficiente nei popolamenti all'interno del paesaggio forestale per massimizzare la resilienza ai disturbi improvvisi e ai cambiamenti climatici. Il progetto è finanziato dal programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell'Unione europea nell'ambito dell'accordo di sovvenzione Marie Skłodowska-Curie n. 891671 assegnato a Marco Mina (MSCA-IF-2019) e coordinato da Eurac Research.

Sito web del progetto REINFORCE.

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