Convivenza sui Mezzi Pubblici: un Viaggio tra Integrazione e Confini Invisibili
I mezzi pubblici rappresentano spazi sociali complessi e microcosmi di convivenza urbana dove persone di diverse età, etnie e religioni si incontrano quotidianamente. Nonostante il loro ruolo cruciale, l'accesso equo ai mezzi pubblici è spesso ostacolato da problematiche di accessibilità, insicurezza e discriminazione. Il fenomeno della dispersione urbana e la presenza di quartieri etnici sollevano ulteriori sfide per la pianificazione dei trasporti, che spesso non risponde adeguatamente alle esigenze delle comunità locali in evoluzione.
In Alto Adige, la convivenza nei mezzi pubblici, come evidenziato dall'esperienza degli autisti stranieri della SASA, è segnata da tensioni latenti, sottolineando la necessità di un approccio più inclusivo e attento nella gestione della mobilità urbana.
Io ho un bel rapporto con tutti i passeggieri. Personalmente non mi sento in pericolo. Forse, essendo musulmana sento che tanti ragazzi stranieri e musulmani mi rispettano. E tanti anche sapendo anche che sono albanese mi rispettano. (Intervista a conducente SASA nata in Albania)
I residenti al 90% non salutano più. La gente non saluta. Alla fine sembra un servizio dovuto. Se fai qualche ritardo, qualcuno inizia a lamentarsi, alla fine ci sono più lamentele che saluti. E il pericolo è dietro angolo, perché sette ore sulla strada con la gente che brontola, il traffico, i tempi di percorrenza che devi rispettare, devi essere puntuale, devi rispettare la linea. Non è stancante fisicamente ma psicologicamente. (Intervista a conducente SASA nato in Italia)
Come traspira dall’intervista a due degli autisti della Società autobus servizi d’area (SASA), una società per il trasporto pubblico altoatesina, i mezzi pubblici non sono semplicemente un mezzo di trasporto ma luoghi d’incontro, rappresentano veri e propri microcosmi sociali, in cui persone di età, etnie e religioni diverse convivono e interagiscono quotidianamente. Gli spostamenti giornalieri costituiscono il veicolo attraverso il quale le persone accedono al lavoro, alla scuola e ai servizi essenziali. Organizzare la mobilità urbana significa quindi collegare in modo efficiente i diversi luoghi di vita cittadina. I mezzi pubblici, in questo contesto, assumono un ruolo cruciale, fungendo da strumento di integrazione e convivenza tra diverse popolazioni e gruppi sociali.
Nonostante l'importanza dei mezzi pubblici, che non si limita a fornire un servizio di trasporto ma unisce persone di background molto diversi per brevi periodi, lo studio di questi ambienti sociali risulta trascurato. Idealmente, i mezzi pubblici dovrebbero garantire un accesso equo a tutti i gruppi della popolazione, fornendo un ambiente sicuro e inclusivo. Tuttavia, la realtà è spesso diversa: alcune persone continuano a incontrare difficoltà, che si tratti di problemi di accessibilità per le persone con disabilità o della paura di subire attacchi verbali o fisici, particolarmente sentita dalle minoranze etniche. Tali problematiche non solo ostacolano l’accesso ai mezzi pubblici per i passeggeri, ma influenzano anche la capacità dei conducenti di svolgere il proprio lavoro in un ambiente sicuro e privo di stress. In sintesi, queste difficoltà creano un contesto segnato da disuguaglianze che complicano la convivenza in questo microcosmo rappresentato dal ‘bus’.
Divisioni e Sfide Urbane per la Popolazione Migrante
L'analisi dei mezzi pubblici in relazione ai fenomeni migratori è quindi un tema di grande attualità, soprattutto in un contesto come quello italiano, dove la popolazione straniera è in continua crescita. Al 1° gennaio 2023, si contavano circa 5 milioni di cittadini stranieri residenti in Italia, pari all’8,7% del totale dei residenti. Con 2,4 milioni di occupati stranieri, che rappresentano il 10,3% del totale degli occupati, e un tasso di occupazione del 60,6% (superiore al 60,1% degli italiani), il contributo della popolazione migrante è evidente, influenzando le dinamiche quotidiane sui mezzi pubblici, dove gli stranieri sono presenti sia come passeggeri che come conducenti.
Varie ricerche evidenziano come questi spazi riflettono spesso le divisioni sociali e culturali presenti nelle città, creando a volte vere e proprie frontiere invisibili che separano diverse categorie di persone e quartieri. Dall’assetto fortemente monocentrico di un gran numero delle città italiane, in cui i valori sono tendenzialmente distribuiti secondo una scala decrescente dal centro alla periferia, si ha un confine simbolico e materiale tra le parti più centrali e quelle più periferiche della città. Nello specifico, nelle città con popolazione superiore agli 800.000 abitanti, i residenti nelle periferie crescono ad un ritmo più che doppio rispetto a quelli dell’area centrale. Questo fenomeno pone sfide significative per la pianificazione urbana dei trasporti, che deve adattarsi alle nuove tendenze della urban sprawl (dispersione urbana). In particolare, nelle aree rurali, dove il rischio di un uso eccessivo dell'auto privata è in aumento a causa delle limitate infrastrutture di trasporto, le persone a basso reddito (spesso straniere o di origine straniera) incontrano maggiori difficoltà nell'accedere ai servizi di trasporto pubblico, specialmente considerando che gli immigrati sono generalmente meno propensi a guidare veicoli propri rispetto ai nativi.
Discriminazione e Pianificazione dei trasporti
Un tema chiave emerso dalla letteratura è che le persone a basso reddito, avendo meno accesso a veicoli privati, sono più dipendenti e vulnerabili ai problemi del trasporto pubblico locale. I servizi di trasporto pubblico spesso non rispecchiano i modelli di viaggio e le esigenze delle comunità locali in evoluzione. Molti immigrati risiedono infatti in aree etniche limitrofe, ovvero regioni in cui le popolazioni immigrate, di solito provenienti dallo stesso contesto etnico, tendono a vivere insieme (Nguyen, 2004). Le cosiddette enclave etniche si formano inizialmente sulla base di modelli storici di insediamento e possono essere relativamente stabili attraverso più generazioni, anche quando le comunità si assimilano culturalmente ed economicamente alla società. La pianificazione dei trasporti pubblici non ha sempre saputo tenere il passo con le comunità locali in evoluzione, lasciando insoddisfatte alcune esigenze dei gruppi minoritari. Le linee degli autobus, spesso radiali e concentrate sui centri urbani, possono avere, seppur in modo non intenzionale un effetto discriminatorio, soprattutto nelle aree dove si trovano le strutture commerciali e i servizi delle comunità etniche.
I mezzi pubblici rappresentano un luogo di accettazione pubblica dove, a prima vista, tutti sembrano accettare tutti. Tuttavia, l'uso intenso di questo mezzo da parte di popolazioni così diversificate non è esente da tensioni. La ricerca descrive i mezzi pubblici come spazi di tolleranza, ma anche di intolleranza, in cui la compresenza di individui sconosciuti e differenti è poco mediata dalle regole formali, a differenza di altri mezzi di trasporto come gli aerei, dove le interazioni sono generalmente più lunghe e regolate. Questo rende i mezzi pubblici luoghi in cui le dinamiche di coesistenza sono messe costantemente alla prova, alcuni migranti, soprattutto chi non ha la pelle bianca o porta un velo, hanno registrato con grande evidenza come i mezzi pubblici siano luoghi dove si manifestano, in termini fisici, spaziali e sociali, forme di razzismo. Nel 2022 sono stati 50 i casi di discriminazione registrati dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (Unar) sui mezzi di trasporto pubblici, l’1,8% delle discriminazioni totali registrate. La sfida per le città moderne è saper riconoscere questi fenomeni e predisporre sistemi di trasporto in grado di contrastare gli effetti negativi, tramite un’attenta riflessione e pianificazione da parte delle autorità competenti.
Integrazione e Coesistenza nei trasporti Altoatesini
Un esempio della complessità e rilevanza di questa tematica è emerso da una “ricerca performativa” condotta dall'artista Maria Walcher e dalla ricercatrice Verena Wisthaler nell'ambito di exCHANGE, un progetto di Eurac Research e dell'Associazione Artisti Sudtirolesi, nel quale si è indagato il rapporto tra passeggeri e autisti stranieri in Alto Adige. I lavoratori stranieri ammontano infatti ad un terzo dei dipendenti della azienda di trasporto SASA. La SASA impiega persone provenienti da 37 paesi diversi, la maggior parte dei quali sono autisti di autobus provenienti da Marocco, Albania, Tunisia, Macedonia, Spagna, Pakistan, Romania e Moldavia. Sebbene dalla ricerca di Wisthaler e Walcher non siano emerse immediatamente posizioni negative nei confronti dei lavoratori stranieri, i dibattiti sui social media hanno rivelato opinioni più contrastanti, soprattutto riguardo alla barriera linguistica, che molti passeggeri autoctoni ritengono un ostacolo importante.
Anche se le situazioni di discriminazione non sono necessariamente un fenomeno diffuso, sono comunque presenti nella vita di molti cittadini in Italia. Risulta però difficile rilevarle e studiarle. Importante è notare che la maggior parte degli atti discriminatori non vengono neanche riportati dalle vittime ai tribunali a causa degli elevati costi o per paura di poter subire conseguenze negative. Le discriminazioni sono quindi fenomeni difficili da studiare sia in modo quantitativo che qualitativo, per questo motivo vengono spesso utilizzate “metodologie performative” per stimolare le reazioni genuine dei cittadini, permettendo di esplorare e comprendere meglio le complesse dinamiche sottostanti e le esperienze personali che difficilmente trapelano con i metodi tradizionali. Bisogna inoltre mirare a sensibilizzare sul ruolo dei lavoratori migranti nel settore dei trasporti, promuovendo migliori pratiche di gestione della diversità e affrontando le strutture di potere che perpetuano la discriminazione nella nostra comunità.
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